Bollettario Bollettario Network 
Bollettario.it - versione telematica del quadrimestrale di scrittura e critica diretto da Edoardo Sanguineti e Nadia Cavalera
  Ricerca Avanzata
  Aggiornamenti
  Primo piano
home / estratti / la donna che non c'è / capitolo 8

ESTRATTO


Capitolo 8

Roberto Di Marco

La donna che non c'è


Era una giornata di pioggia. Io ero turbato: nelle lenticchie secche idee non trovavo (ma un tempo accadeva) però guardavo le pecore che giravano in tondo ma pace non trovavano. Una di loro, china, allattava il cucciolo della cagna che s'era perduta mentre andava lontano sulla collina per incontrare il montone promotore del parto. A ciò non facevo più caso.
Ecco: estraneità, superficialità, solitudine sono oramai la norma nelle relazioni umane della presente fase storica degenerativa della modernità in Occidente. Loro la chiamano "globalizzazione" (no comment) e si riferiscono alle questioni di superficie piuttosto che alle nuove condizioni della vita umana sulla terra. Io preferisco parlare di Occidente impazzito e di generale crisi di senso (che significa in primo luogo i rapporti umani e i loro fini proprî).
Dalla modernità abbiamo avuto molti benefici, è vero. Ma a quale prezzo?
Ma l'ora è arrivata: lei è stata rapita. Rapita da chi? da nessuno, ed è questo il punto. Intanto mi prudeva la nuca. Pidocchi?
Ma data la pochezza e l'irrimediabilità del futuro che ci attende io a quei due centimetri di Giulia non potevo rinunciare affinché rimanesse intatta la mia visione religiosa di lei medesima. Infatti, mentre insieme a parenti e amici cenavamo al ristorante indiano, le dissi: "rose rosse per te ho portato stasera!". Tuttavia nel cuore di lei c'era già la rabbia, e il mio pensiero si faceva melanconico perch'è melanconico l'autunno, sempre.
Pensavo: il mondo animale umano storicamente e da gran tempo non è più bisessuato, forse lo era stato in tempi lontanissimi ma ora, e da secoli e secoli, è unisessuato, socialmente almeno, poiché in esso vige la dominanza di un sesso sull'altro (dominanza innaturale più o meno inzuccherata con le buone maniere), uno, quello maschile, è soggetto, l'altro, quello femminile, è oggetto (con tutti i moderni lustrini del caso, dei quali è pregna l'erosfera determinata). E se l'uno è soggetto e l'altro oggetto non può esserci amore vero profondo e duraturo ma soltanto (et voilà) uso, consumo effimero e intrattenimento che diventano produzione inconsapevole di valore per il mercato. Per fortuna ci sono le eccezioni, le contraddizioni e le controtendenze in atto. Forse la sentimentalità, specialmente giovanile, riscatta in parte il consumo oggettivante e la dissipazione ineluttabile dell'eros che è nel bios, ma ciò fino a che l'adeguarsi mentale dei singoli all'erosfera in circolo lo consente. Quando l'adeguamento avviene la sentimentalità emigra altrove (la squadra calcistica "del cuore", la nazione, l'etnia, la religione ecc.) e la donna scompare alienandosi nella cura (anche di sé) e nella produzione-lavoro che sono comunque valore per il mercato (per non dire delle forme "pure" di mercificazione del corpo femminile, in tutto o in parte: dalla prostituzione a certe forme arcaiche di matrimonio ecc.).
Per tutto ciò la donna che amo è la donna che non c'è, e dico non c'è perché in siffatte condizioni la donna è soppressa. La donna sarà donna in un mondo diverso. Utopia? certo, perché prima di cambiare questo mondo potrebbe finire per tutti e per sempre.
Lei dunque mi parlò da non so dove, e mi disse: "Sono obbligata, non cercarmi!"Dopo un lungo conversare in reciproca affabilità io le augurai un buon viaggio e la pregai di aver cura di sé. Non mi salutò: quando mi salutava io mi emozionavo sempre, perché il saluto è distacco, separazione. Preferivo che mi dicesse: "vado a prendere un gelato!" - Ma tra me e me pensavo: "addio mia bella addio". Però la mia nonna diceva: "in terra nessun addio è vero, la terra è piccola!" Infatti mai più lei tornò e con lo stesso amore-speranza di prima. Però devo esser preciso: l'amore negato è la sentimentalità specifica che nega se stessa per motivi determinati (per non commettere peccato, per esempio), e dunque non diviene. Il suo caso era il secondo: mi amava ma non poteva amarmi. Che farci?
Naturalmente, quando lei tornerà, se tornerà, ed io non so più se lo desidero, mi accorgerò di essermi sbagliato. Per la ragione che sì, in lei l'amore è negato e così dev'essere (le cause di ciò non sono personali come lei stessa può credere, ma sono storiche e sociali benché personalizzate), ma io sono in lei come lei è in me (come domanda-speranza di una vita diversa) e tuttavia ciò non può dar vita ad un rapporto d'amore divenuto possibile in questo mondo. E però io non me ne andrò "sempre fuggendo di gente in gente", starò nel mio prato, nella casa dei miei nonni, a guardare le pecore, ad amare la farfalla azzurrina che non c'è più, a preparare le mie fritture abituali, a ricordare com'era bello vivere nell'Eden festante con lei e magari sognare Jol che viene dall'Aldilà per…
Io finalmente chiedo alle anime sante del Purgatorio di darmi la pace che occorre per "resistere, resistere, resistere". Ma, dati i fatti, ciò che mi turba davvero è il distacco irreparabile da lei. Porterò pazienza, glie l'ho promesso. Quindi procediamo ugualmente. Eppur lo so: per fare qualcosa di utile il futuro è pieno di incognite: non a caso nel mio pensiero lei si nutre di nebbia.
Sono in difficoltà? ma è salutare che sia così. Bisogna aspettare che si svolga con comodo la matassa del destino: probabilmente è l'unica cosa da fare. Inoltre può anche accadere che quando lei tornerà, se tornerà, sia io a non amarla più come prima (ma se lo dico lei dà in escandescenze, e a me, nel dirlo, tremano le gambe perché so che ne soffrirei più di quanto non soffra ora per la sua mancanza).
Tuttavia, ohibò!, se l'amore che intendo non è di questo mondo ciò che adesso mi duole persino ipotizzare, può accadere sì, come peraltro è accaduto altre volte. Ohibò!
Certo, la mia sentimentalità non è mai stata effimera; ma in una situazione come la nostra inutile credere che la sentimentalità, la mia e la sua, possa mettere radici, data anche l'interferenza del cattivo tempo (infatti si ama meglio quando c'è il sole e il cielo è azzurro e il prato è in fiore). E forse lei stessa, per potere andare incontro a un amore comune senza motivi di rammarico, spera nei mutamenti della sua propria sentimentalità. Non scordiamoci che c'è pur sempre di mezzo il nesso vitale tra eros e bios. Con quest'ultimo ragionamento mi sono lasciato andare, lo ammetto, ma lei non me ne vorrà, la conosco. Gli è che al momento, per puro caso, mi circola intorno, indaffarata per le pulizie, Rebecca la quale mi ha poc'anzi confessato che è tornata qui, col permesso di Erina, perché ha nostalgia dei baci e delle carezze. Accade, sempre per il nesso vitale tra eros e bios.
Ma la verità è più complessa. M'intristisco ugualmente. Gli antichi moderni dicevano "canta che ti passa", e inoltre "occhio che non vede, cuore che non soffre". Io ci provo ma non serve, davvero. Infatti constato che nel mio caso più l'occhio non vede e più il cuore ne soffre. "sarà così finché vivrò?" Può darsi, ammenocché non scopra improvvisamente che… ho fatto scopa!



:back_  :top_
ultimo aggiornamento: martedì 11 gennaio 2005 19.44.18
powered by: Web-o-Lab
Bollettario.it