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CE.STA. - CENTRO STAMPA


Signor presidente

Antonio Tabucchi

il Manifesto - 4 VII 2003


Illustre Presidente della Repubblica Italiana, non è la prima volta che Le pongo questioni. Lei lo ricorderà, anche se di norma non risponde. Cominciai con una Sua frase, secondo me assai infelice, di comprensione verso i cosiddetti «ragazzi di Salò». L'Italia, come è noto, non ha mai fatto né pulizia né ammenda, neppure simbolica, come la Francia e la Germania, del proprio sordido passato; e infatti oggi nell'attuale governo ci sono segretari o sottosegretari ex-repubblichini (fucilatori?) che ho sentito pubblicamente vantare nei Suoi confronti amicizia e confidenza. A me non piace. A Lei piace? Lei, che si dice abbia fatto la Resistenza, a tali questioni come dicevo non risponde. Ma, per usare una formula di moda oggi in Italia, «mi consenta» di insistere. Io sono un cittadino e Lei un presidente della Repubblica: interpellare il proprio presidente in una democrazia è cosa normale, almeno finché essa esiste. E Lei mi perdonerà il disturbo: se si è assunto l'onere di diventare presidente della Repubblica in una congiuntura storica come quella attuale, alla sua venerabile età, senza nessuna carriera politica alle spalle, doveva proprio essere convinto del grave compito che si assumeva. Il Suo alto incarico, anche se in Italia vorrebbero farLa vivere in un empireo corrispondente a quello del Papa dove la parola non è discutibile essendo dogma, prevede in una democrazia normale dei seccatori come me. La democrazia significa anche reciprocità: Lei è il garante della mia Costituzione, io Gliene chiedo conto. E dunque a mio modo divento garante di ciò che Lei deve garantire. Altrimenti, come diceva Paul Celan, chi testimonierebbe il testimone?
Lei ha funzione di garante. Perciò non posso ritenerLa estranea a ciò che sta succedendo nel mio Paese. A differenza di tutti coloro che vedono in Berlusconi l'unico protagonista di una inquietante corrosione delle regole democratiche, io debbo constatare che ciò avviene anche perché Lei firma. Perché Lei consente, Presidente. E senza il Suo consenso una grande parte di ciò che ha fatto il governo Berlusconi non esisterebbe. La Sua cosiddetta «moral suasion», secondo la definizione che corre in Italia, ha dato i frutti che abbiamo sotto gli occhi.
L'onorevole Berlusconi il 2 luglio ha assunto la presidenza del semestre italiano all'Unione Europea. Vi arriva illibato, reso profumato da questa legge sull'immunità che lo protegge dai gravi reati perseguiti da un tribunale della Repubblica e che Lei prontamente ha firmato. E che non si sa se voluta da lui o da Lei (a una radio francese l'onorevole Berlusconi ha affermato che questa legge l'ha voluta proprio Lei, Presidente, eventualmente spiegatevi fra di voi). Secondo Lei Berlusconi dovrebbe far fare bella figura all'Italia. Un tipo come Berlusconi, che viene da lontano, sa come cavarsela in certe situazioni. Conosciamo la sua biografia.
E infatti se l'è cavata come uno che cantava canzonette e poi è diventato presidente del consiglio. Non mi dispiace affatto, illustre Presidente, che i Suoi sforzi per farci fare «buona figura» grazie a Berlusconi abbiano avuto un esito così disastroso. Berlusconi nell'assumere la presidenza semestrale per l'Italia dell'Unione Europea si è espresso con una piazzata, peggio di un sensale in una fiera di paese. E con il fine senso storico che lo contraddistingue, ha evocato Auschwitz al deputato tedesco Schulz che si era permesso di ricordargli una regola vigente in tutta l'Europa: che la legge è uguale per tutti. Fatto che solo in Italia signor Presidente, è del tutto secondario, come del resto la Sua recente firma a tale legge attesta. Evidentemente nel suo discorso da statista il cavalier Berlusconi era forte del fatto che a Auschwitz l'Italia ha dato solo un piccolo contributo (circa 2.000 ebrei italiani gasati, se non mi sbaglio) grazie alle leggi razziali che Vittorio Emanuele III firmò prontamente al cavalier Mussolini, come tutte le altre che prontamente gli firmava. Lei che ha fatto la Resistenza queste cose Le saprà meglio di me. Altrimenti glieLe avranno raccontate gli eredi di Vittorio Emanuele III che ha recentemente ricevuto in un solenne cocktail offerto al Quirinale (mi scusi se qui abbasso il livello, illustre Presidente della Repubblica Italiana: lo sa che i soldi con i quali Lei offre i ricevimenti ai Savoia sono anche miei, e di tutti i cittadini italiani contribuenti?).
Berlusconi ci va giù duro, evidentemente ha le spalle coperte. E non solo da un'onorata società che lo sostiene, ma a livello mondiale. È entrato nella nostra Unione Europea come certi kamikaze che entrano in un autobus indossando una cintura di tritolo. Le chiedo concludendo: ma per chi lavora Berlusconi? Lei, che mi dicono europeista convinto, non se lo è ancora chiesto? Essere presidente della Repubblica in un paese come l'Italia, cerniera del Mediterraneo e terreno ambito da anni da potenze straniere che vi lavorano per cambiare gli equilibri del mondo, non è una sinecura come chi si occupa delle ortensie del proprio giardino dopo essere andato in pensione.
Cordialmente

PS Le scrivo questa lettera sul giornale il manifesto, perché è una cooperativa. E finché l'onorevole Berlusconi non Le presenterà da firmare una legge che abolisce le cooperative è un giornale che continua a rappresentare la stampa libera. O quello che ne resta. Cosa di cui dobbiamo ringraziare anche Lei.


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ultimo aggiornamento: martedì 7 ottobre 2003 18.20.22
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