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versione telematica di ''Bollettario'' quadrimestrale di scrittura e critica. Edoardo Sanguineti - Nadia Cavalera
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Filippo Bettini e Donato Valli sulla poesia di Nadia Cavalera

Filippo Bettini e Donato Valli

L'altro Novecento - volume VII - 2003


Nella scrittura di Nadia Cavalera manca l'aggressione frontale ai codici istituzionali della tradizione e vi è, invece, una sorta di provocazione ludico-ironica che si rivolge contro le piccole e grandi mitologie del presente e in primo luogo contro la scrittura e il soggetto deputati a parlarne (autodissacrazione). Sullo schermo più ravvicinato delle sue ascendenze si scorge, nettissima, la sagoma poetica di Sanguineti, da cui l'autrice riprende sia i procedimenti formali del verso lungo, degli inserti parentetici e dell'ipotassi, sia lo schema complessivo dell'autoanalisi del vissuto e dei rapporti pubblico-privato in veste di oggettivazione parodica e di distanziamento critico. Ma questo ed altri elementi (un certo filone di poesia "intesemiotica" che riconduce a Spatola e ad esperimenti del primo Novecento; una linea di humor nero e raggelante di marca surrealista, soprattutto bretoniana; e ancora, su su nel tempo, il riferimento spontaneo ai canoni antiistituzionali della poesia "giocosa e burlesca" del Cinque-Seicento - Leporeo in testa) sono rielaborati e trasfusi in una miscela plurilinguistica di timbro assolutamente personalizzato, dove il recupero della stessa esperienza linguistico-biografica (terra e dialetto compresi) è filtrata da un'insopprimibile vocazione aforistico-riflessiva che si dispiega a contrappunto sugli eventi vicini e lontani della cronaca e della storia.
(…)
Congiungendo, d'un sol taglio diacronico-trasversale, il padre (continianamente inteso) dei nostri pasticheurs - e, in particolare, l'opera del suo doppio melange tra poesia e prosa e tra critica e poesia - con gli ultimi centrali esponenti della tradizione antilirica e antipetrarchista della poesia italiana - e con l'eponimo testo collettivo del primo loro atto di fondazione neoavanguardistica (si sarà fin troppo facilmente capito, a lettura immediata, che il titolo di "Vita novissima", sotto cui questi testi si dispongono, è il felice risultato di un'intenzionale crasi tra "Vita nova" e "Novissimi"), l'autrice decide di dar vita a questo neocanzoniere d'argomento pubblico e privato, "mettendo in scena" (nell'autentico senso etimologico) il suo personaggio, la sua lingua e gli occasionali temi del suo racconto-autoracconto. Mentre simula l'appartenenza al "sesso forte" della civiltà poetica (il soggetto scrivente è per lo più declinato al mashile) e introduce, così, un espediente strutturale di distacco che già in partenza predestina l'apparente materia lirica ad un trattamento di segno opposto, la Cavalera assume come novella Beatrice del suo tramite con la prosaicità tutta terrena della vita e della storia una wedekindiana "lulù", opportunamente demitizzata (come dice la minuscola), cui assegna la doppia, simultanea parte di "interlocutrice" e di alter ego. Proprio sulla base di questa scissione di identità e di ruoli, il tema trattato si fa oggetto di un mobile campionario di frammenti eterogenei (squarci familiari, dialoghi culturali, notizie civili, passaggi di scrittura in corso), su cui l'intervento di chiose sentenziose e gli scatti dinamici di un linguaggio intessuto di calembours, paronomasie, bisticci, rime "epizeutiche" e, soprattutto, di un diffuso e irriducibile plurilinguismo, esercitano l'azione di istruttivi aprosdoketon.

FILIPPO BETTINI, in TERZA ONDATA (Synergon, Bologna 1993)



(…) Ci troviamo dinanzi a una poetessa problematica che fa parte ormai di una consolidata caratteristica della nostra letteratura contemporanea che è quella dei cosiddetti poeti sperimentali o di avanguardia, per i quali perfino a Lecce ci sono state alcune tesi. Io come critico partecipo poco, ché il panorama continuamente si va rinnovando e ci pone inquietanti problemi sulla sorte della scrittura e anche sulla sorte del mondo. E' una riflessione seria che va fatta perché non si tratta di poeti istintivi, badate bene, naïve cioè di quelli che scrivono così come gli viene. Sono consustanziati di una profonda conoscenza dei meccanismi interni alla letteratura che esibiscono sfacciatamente davanti per dirvi: guardate dove ci conducono. Sono intrisi di profonde lunghissime letture nazionali e internazionali, cioè sono poeti estremamemte colti che sono dentro lo schema e la cornice della letteratura, con un forte anelito di sorpassarla in qualcosa di veramente nuovo e creativo: ecco questa è la posizione in cui si trova Nadia Cavalera. (...)

DONATO VALLI, durante la cerimonia di riapertura della Biblioteca "Vergari" di Nardò, Lecce, 9 dicembre 2000




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ultimo aggiornamento: venerdì 5 settembre 2003 12.47.40
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