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versione telematica del quadrimestrale di scrittura e critica diretto da Edoardo Sanguineti e Nadia Cavalera
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C'era tanta luce nella luce e non riflessi di respiri

Eugenio Vitali

29/07/2002


C'era tanta luce nella luce e non riflessi di respiri
tanta pioggia scendeva dalla pioggia,
ma non c'era acqua per una scialuppa sopra il mare,
tanto cielo nel cielo da oscurare il sole con le stelle.
C'era il prima e il dopo della conoscenza:
vita nella vita, ma era presente solo quello che mancava,
tante radici sulla terra che culminavano
con il tempio delle rondini, e
lo sparo era il suono che restava.

C'era anche la nostra casa sempre aperta
da non vedere più la porta per entrare
e fu il fragore di una assenza per essere lontani
da una pace e far sentire muto l'uragano




2001, siamo alla schiuma del vento e



2001, siamo alla schiuma del vento e
da questa soglia non seguono numerazioni.
Pensavamo d'essere cresciuti, maturati,
di avere abbandonato per sempre il wincheaster
che tramava solo orme di deliri, di avere preso
quella corsa che portava sempre a casa,
costruita la nostra gioia nelle falde dell'amore:
fermato per sempre il rigetto di Caino.
Si credeva di avere energie nuove, altre fiamme
per riscaldare la nostra mente, guardare in volto
ad ogni figlio con gli occhi di un grande sole,
scardinare dalla terra l'ombelico di Adamo.
Finalmente si pensava di avere un'unica bandiera,
come le onde del mare che portano in superficie
le spighe degli abissi, che l'orologio del tempo
restasse fonte solo del respiro, e la morte, sempre presente
nella vita, non fosse più viva nella guerra.
Si credeva di avere disteso nel nostro sguardo
spazi di orizzonti da pensare durature
rugiade di campane; crederci persone coraggiose
per avere preso il largo con la sicurezza dello squalo.
Così non è stato, con la voce della terra
che grida "assassini", usata da una morte
che non si può chiamare più voragine di guerra.

Si pensava, dopo millenni di esilio, dentro il cuore,
di avere cancellato in noi le sembianze di un Erode,
di essere culmine di una leggenda
per avere distolta l'ortica dalle mani,
di avere pupilla luminosa tanto da estendere al cielo
la potenza delle stelle, di non inciampare più
nei nostri piedi nudi che seminano ancora freddo
all' alba dell'estate.



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ultimo aggiornamento: domenica 21 luglio 2002 18.30.47
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