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versione telematica del quadrimestrale di scrittura e critica diretto da Edoardo Sanguineti e Nadia Cavalera
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I Social Forum: un enigma per la Società

Diego Sessa

16/09/2002


"Siamo qui perché intendiamo modificare i rapporti di forza a livello mondiale: vogliono fare a meno di noi, ma da domani dovranno ascoltarci", queste sono le parole con le quali Frei Betto, noto frate e intellettuale politico brasiliano, aprì il primo Forum Sociale Mondiale (FSM) nel 2001 a Porto Alegre. Finiva insistendo sul fatto che "un altro mondo è possibile", ed è proprio questo lo spirito che anima la filosofia entro la quale si muovono i Social Forum (SF): un esercito di sognatori colorati di tanti linguaggi, armati delle parole di tutte le lingue del mondo, con le quali descrivono un mondo a colori, fatto di colori. Un mondo diverso, appunto, dove non vi sia più la distinzione nord-sud o occidentale-orientale, un mondo nel quale le diversità siano punto di forza della Società, e non punto di scontro. Essere uguali nella diversità, questo è il mondo che immaginano. Un fenomeno sociale nuovo, sorto da una esigenza ''no-global'' appena nata e da un sogno che viene da lontano: l'uguaglianza dei popoli.
Molte sono le differenze che emergono rispetto ad altri movimenti di protesta, non ultima la totale assenza di gerarchizzazione all'interno del FSM: tutti, allo stesso modo, hanno diritto di esprimere le proprie idee, di organizzare workshop e di esprimere i propri dubbi sullo stesso Forum (questo ha i suoi lati positivi e negativi, in quanto è positivo che si dia libero spazio a tutti, ma allo stesso tempo si rischia di togliere coesione al movimento, a meno che il punto di coesione sia il fatto stesso di non essere coesi!). In quest'ottica non deve stupire se durante il secondo FSM, sempre a Porto Alegre, nel 2002, anche il leader libico Mohammar Ghaddafi abbia potuto presentare la sua "risposta definitiva dopo i fallimenti di Capitalismo e Socialismo ai problemi del mondo". Ma la caratteristica che, forse più di tutte le altre, spicca per novità e forza è la trasversalità sociale del movimento. Non è possibile, infatti, delineare con precisione un quadro partitico di chi vi partecipa, anche se, ovviamente, le scelte finali hanno un notevole peso politico: è come se la società fosse stata sezionata dall'interno, le persone che aderiscono ai SF provengono da esperienze diverse, chi dal volontariato, chi dalla politica, chi dai sindacati, chi è alla prima esperienza. Con fatica ci stiamo sempre più rendendo conto che il mondo non è fatto in bianco e nero, ma che in mezzo ci sono un'infinità di sfumature, parafrasando le parole di Gino Strada (chirurgo di guerra dell'associazione umanitaria ''Emergency'').
Non esiste una virtuale linea guida che mostri i temi da dover dibattere nei vari SF, quindi sintetizzarli tutti è pressoché impossibile. Nonostante ogni gruppo affronti maggiormente le problematiche che interessano la propria area sia politica che geografica, vi sono alcuni temi che emergono e si impongono per importanza mondiale: il problema ambientale, collegato ad un discorso di economia ecosostenibile; il commercio equo e l'economia sociale; tutte le problematiche connesse alle questioni indigeni - popoli nativi, alla cultura africana e sud americana; l'organizzazione del movimento, il suo futuro, la sua identità politica.
"Se Seattle era stata l'occasione della precipitazione politica-mediatica della protesta, se Porto Alegre I aveva rappresentato la capacità di proposta del movimento e se a Genova si erano incontrate la proposta e la protesta, Porto Alegre II rappresenta un ulteriore salto: l'esistenza di un movimento diffuso in tutti i continenti ed ormai in grado di intervenire con le proprie proposte nelle aree calde del pianeta." scrive Vittorio Agnoletto.
Ora, però, si impongono alcune riflessioni: sono realmente indipendenti i vari Social Forum? È possibile che siano strumentalizzati? Sono fuori dal Sistema, o sono sue ''valvole di sfogo''? Il movimento ''no-global'' è realmente fuori dalla Globalizzazione, o sono riusciti ad avere visibilità grazie alla Globalizzazione stessa? Si può essere indisciminatamente contro la Globalizzazione, o, piuttosto, si è contro i principi che la sostengono? Esiste una globalizzazione sostenibile? In tutto ciò, soprattutto, che ruolo hanno avuto i Mass-media?

Il primo punto da affrontare è la totale incapacità di poter inquadrare e definire i SF. E, visto che per ''definizione'' si intende: "Il complesso degli elementi volti a caratterizzare e circoscrivere un’entità sul piano concettuale", il pensiero è chiaro. Per definire qualsiasi cosa occorrono degli elementi che la caratterizzino. In realtà ogni sigla per definire questo nuovo movimento è legata alla contingenza storica e sociale del momento: "Popolo di Seattle", "Popolo di Napoli", "Popolo di Genova", infine, quando almeno i nemici erano ormai chiari e definiti, "No-Global". Escamotage mediatici per sopperire al fatto di non essere in grado sin da subito di catalogarli in schemi pre-ordinati. Come già detto, sono centinaia i gruppi che convogliano nei SF, si possono distinguere pensieri sociali legati al cattolicesimo, come la rete di Lilliput, affiancati agli ambientalisti e animalisti estremisti, contrari alla globalizzazione, ma vi sono anche i moderati che vorrebbero vedere una globalizzazione dal basso verso l’alto. Vi sono movimenti di sinistra, comunisti, centri sociali, centri popolari, disobbedienti, Anarchici, Maoisti e decine di altre sigle più o meno conosciute. Ognuno di questi piccoli movimenti ha la propria visione del mondo e delle cose, interpretano gli avvenimenti del presente in chiave diversa, usano mezzi di protesta diversi e spesso combattono nemici diversi che accomunano chiamando "Sistema".
Siamo giunti ad un "non-senso". Siamo in presenza di un movimento-non movimento, di un qualcosa che esiste nella realtà delle cose, ma che sfugge alla sua definizione. Senonché, paradossalmente, il non inquadramento può essere visto come la definizione. Ciò non deve stupire, considerando il fatto che i SF sono entità in cerca di una propria identità, chiara, definita, indipendente. I SF sono di recente creazione ed ancora in fase di "rodaggio". In effetti, probabilmente è ancora troppo giovane questo movimento di massa, per definirne i futuri sviluppi. "Il vento della storia si è messo a soffiare forte, e occorre rapidamente forgiare nuove parole per capirne il senso, per immaginare come va a finire questa storia, e per influenzarne la direzione, se ne saremo capaci", scrive Franco Berardi da Porto Alegre.
Tutti cercano di intervenire per sciogliere il nodo gordiano delle origini e del futuro dei SF. Recente è la proposta di Massimo Fini, alquanto provocatoria e spiazzante, secondo la quale il filosofo classicamente visto come ispiratore del nazismo, Nietzsche, diventerebbe un profeta no global dei nostri giorni. Fini (che si definisce socialista, ma che per altri è un uomo di destra), scrivendo la biografia del filosofo tedesco, ha sottolineato che "Lui è stato il sensibilissimo sismografo della crisi della società occidentale che è venuta a maturazione proprio oggi. Quando si vedono il collasso ambientale del mondo, certe pazzesche manipolazioni genetiche e tutti i frutti catastrofici di un ottuso ottimismo positivista, si comprende bene la forza di intuizione di una frase come 'il fine della scienza è la distruzione dell'uomo'''.

Come tutti i grandi avvenimenti, anche il recente Forum Sociale Mondiale (FSM) di Porto Alegre ha subito una strumentalizzazione politica. Mentre per le strade si intonava a squarciagola ''El pueblo unido jamas sera vincido", il "Partido dos Trabalhadores" (PT, un movimento trasversale brasiliano fatto di cattolici di base, ecologisti, di marxisti, di sostenitori dei diritti degli indigeni, di femministe che riuniva la parte più etica del paese) faceva di Porto Alegre una vetrina elettorale dello stato del Rio Grande do Sul, così da "capitalizzare" il movimento in favore dei propri obiettivi politici locali. È stata un'iniziativa molto complessa ed articolata, che si unisce ad una rigida predeterminazione del PT a presenziare a tutti gli spazi e vetrine ad alto tasso di visibilità, rischiando così di far scadere il FSM in una sorta di fiera dell'antineoliberismo. È stato evidente l'impegno del PT a fare dello stato del Rio Grande do Sul, e del FSM che vi si svolgeva, un manifesto delle proprie ideologie, rivendicando per sé, così, "l'alternativa positiva" rispetto ai problemi del Brasile e del Mondo. Mostrando a tutto il Globo (: in primis ai brasiliani), che un altro mondo è possibile, ed esiste già: si chiama Porto Alegre! Tale alternativa è stata legittimata e resa prestigiosa dal fatto che molte personalità e organizzazioni si siano ritrovate lì per parlare, ascoltare ridefinire e ridiscutere alcune tra le problematiche più spinose che interessano i Social Forum. Ignacio Lula Da Silva, leader del PT, afferma: "Dovrei essere preoccupato perché le Ong o il volontariato hanno guadagnato peso e un'immagine uguale o superiore a molti partiti progressisti e degli stessi sindacati? No. Questo fermento e impegno aiutano la nostra battaglia e quella della sinistra nel mondo".
Questa strumentalizzazione è stata resa possibile perché il movimento non ha un leader preciso, una persona che faccia da punto di riferimento per tutti coloro che vogliono interagire con i SF. Se non si provvederà quanto prima, il movimento rischia di cadere in contraddizioni che mineranno la sua stessa credibilità, è auspicabile che prima di intraprendere nuove etiche battaglie, i SF si organizzino in strutture precise, in grado, allo stesso tempo, sia di consentire la libertà di espressione di chiunque vi voglia partecipare, che di indicare linee guida dei movimenti che vorranno aderire. I Social Forum sono destinati al fallimento, in primis a livello mondiale, se unico punto di coesione sarà il temporaneo nemico comune, e non una forte condivisione di ideali e di progetti. Il caso brasiliano è solo un esempio del rischio che corrono i SF, ma il G8 genovese potrebbe essere un altro, opposto, di strumentalizzazione politica. Entrambi sarebbero stati, per lo meno, attenuati se il movimento fosse stato coeso e definito circa i suoi componenti.

Il documento finale del secondo Forum Sociale Mondiale è un duro e chiaro manifesto di "resistenza al neoliberismo, al militarismo, alla guerra: per la pace e la giustizia sociale".
Nei sedici punti del documento (che dovrebbe essere una sorta di prima linea guida per i Social Forum), vengono snoccialati e ribaditi alcuni concetti che definiscono il problema e non la soluzione, perché, scrive Franco Berardi, "la soluzione non sfila, non urla la sua rabbia e la sua disperazione, non balla, non saltella, non sventola bandiere. La soluzione è silenziosa, sottile, cerebrale e sistematica. La soluzione sta nel lavoro intelligente di ricombinazione". Nel documento è riaffermato il fatto che un alro mondo sia possibile, si sottolinea che la base dell'unità del movimento è la diversità di chi lo compone, e l'unione è data dalla "determinazione di lottare contro la concentrazione della ricchezza, la proliferazione della povertà e delle ineguaglianze e la distruzione della nostra terra". Si vede nel Sistema la causa delle sofferenze e dei drammi quotidiani che colpiscono milioni di persone, in particolare si accusa il "megasviluppo" di questo. Pur condannando le azioni terroristiche che hanno colpito l'America l'11 settembre, è forte la condanna verso le azioni militari intraprese in Afghanistan dagli Stati Uniti, e, in generale, verso ogni altra azione militare. In questa ottica si afferma la viva solidarietà verso il popolo palestinese, di fronte "all'occupazione brutale di Israele". Si dichiara il fallimento della pretesa del G8 di essere un governo globale, viste le repressioni armate attuate a Genova verso i manifestanti. "Tutto ciò avviene nel contesto di una recessione globale. Il modello economico neoliberista distrugge i diritti, le condizioni e i livelli di vita dei popoli. Usando ogni mezzo per proteggere i loro dividendi, le mulitinazionali licenziano, riducono i salari e chiudono fabbriche, spremendo fino all'ultimo i lavoratori. I governi di fronte a questa crisi economica rispondono con la privatizzazione, il taglio delle spese sociali e una riduzione permanente dei diritti di lavoratori e lavoratrici. Questa recessione dimostra il fatto che le promesse neoliberiste di crescita e prosperità sono una bugia". Vogliono rafforzare il movimento attraverso azioni e mobilitazioni comuni per la giustizia sociale, per il rispetto dei diritti e delle libertà ; per la qualità della vita, l'uguaglianza, la dignità e la pace. Lottano: per la democrazia; per l'abolizione del debito estero e la sua riparazione; contro le attività speculative; per il diritto dell'informazione; per i diritti delle donne; contro la guerra e il militarismo; per una Unione Europea democratica e sociale; per i diritti dei giovani.
I Social Forum dovrebbero fare il salto da "movimenti di protesta", a "movimenti di proposta": o per lo meno a "movimenti di protesta che propongono".
L'azione dei Media sui Social Forum è stata per lo meno ambigua. Sono pochi i media che hanno cercato una imparzialità oggettiva, o si era pro, o si era contro. Ogni evento legato ai SF viene riletto, analizzato, sviscerato. Spesso è successo che si confondessero i no global, con i black block, le tute bianche con quelle nere. Si è sempre cercato di esasperare all'estremo le azioni del movimento quasi per stereotipizzarlo. Data la poliedricità dei SF si è cercato di definirli con luoghi comuni, con affermazioni che rievocavano altri movimenti, altri contesti storici, altre problematiche sociali. Una cosa è certa, i no global non sono un gruppo di facinorosi che, per sfogare le proprie frustrazioni, usano la scusa dei problemi mondiali per sfasciare ogni cosa. Questo è falso! Ma è una caratteristica comune ai mass media quella di generalizzare quanto più possibile, sia da una parte che dall'altra. Per una persona media, chi è un "no global"? Sarebbe un'indagine interessante, quale immagine verrebbe fuori? Un ragazzo vestito solo di nero, o un ragazzo vestito come migliaia di altri? Un rivoluzionario, un pacifista, un reazionario, o cos'altro? Comunque venga immaginato quel ragazzo, sarebbe uno stereotipo. In quanto, come già detto, sono troppe le componenti che formano i SF e i no global, per poter individuare un modello. Giulietto Chiesa, giornalista, durante una riunione nazionale di Emergency nel gennaio 2002, ipotizza (e non è il solo) una profonda crisi del "Modello Occidentale", dichiarando: "Siamo di fronte ad una grande svolta non solo della storia, ma dell'umanità; una grande svolta dell'uomo. Un'intera fase si chiude: c'è la fase in cui siamo tutti nati, abbiamo imparato la democrazia, la fase degli Stati Nazionali, dove noi abbiamo praticamente costruito la Società Civile nella quale siamo vissuti, nella quale abbiamo creduto e dalla quale abbiamo imparato che cosa sono i Diritti Umani, Civili, Il Diritto alla Vita, alla Solidarietà, alla Comunanza fra gli uomini; insomma, Il Diritto ad una Vita Civile, quello Occidentale, del nostro Occidente, dell'altro occidente che noi rappresentiamo e che non coincide con quell'occidente che ci viene ogni giorno propinato dalla televisione, dai giornali: l'altro occidente, l'Occidente della Forza e della Violenza. [...] Chi è che gioca con l'informazione? Chi ha l'iformazione?". Nello scontro mediatico circa l'informazione, notevole peso ha ormai ottenuto Indymedia, un network di contro-informazione autogestito.
"Indymedia e' un network di media gestiti collettivamente per una narrazione radicale, obiettiva e appassionata della verita'. Ci impegniamo con amore e ispirazione per tutte quelle persone che lavorano per un mondo migliore, a dispetto delle distorsioni dei media che con riluttanza si impegnano a raccontare gli sforzi dell'umanita' libera" (dalla presentatione americana). Indymedia ha rappresentato una rottura nel mediascape nord-americano ed ora si appresta a fare lo stesso anche in Italia, ultimo nodo ad aggiungersi al suo network internazionale. Nato per esigenze di copertura mediatica di un evento che i media rischiavano di deformare, le proteste di Seattle contro il WTO, Indymedia ha dimostrato possibile grazie a internet la creazione di mass media dal basso, autogestiti, no-profit e indipendenti dai media istituzionali e commerciali. Nulla e' stato piu' come prima: da quel momento i grandi media hanno dovuto confrontarsi con una voce che l'opinione pubblica considera attendibile, e questo li ha costretti a una maggiore obiettivita'. La vera forza di Indymedia sta in ultimo nella capacita' di influenzare i grandi media, di costringerli a collaborare con l'informazione dal basso, di vigilarne la condotta. Indymedia e' lo zoccolo che si incunea negli ingranaggi della grande industria dei media e la costringe a riavviarsi in modo nuovo.

A questo punto, delle domande che mi ero posto poche hanno trovato soddisfazione. Posso, io, dichiarare di essere contro la Globalizzazione, quando la uso per avere visibilità? Ma cosa dovrei fare, osservare, vedere e tacere? Qualcuno potrebbe obiettare: "A cosa servono le manifestazioni, tanto le cose non cambieranno!". Forse è vero. Sarei ipocrita se dicessi che credo che la Società contemporanea si stia per sgretolare. Sarei falso se affermassi che una nuova Società è in costruzione. Sarei ingenuo se pensassi che la sola presa di coscienza basti per cambiare le cose. Sarei bugiardo se dicessi che credo che sia possibile vincere in questo modo. Ma sarei in difetto con me stesso se, dopo aver visto, tacessi. "Non salverete il mondo, se mai fosse da salvare!" potrebbe insistere qualcuno. Nulla da obiettare (o meglio, tutto), ma almeno potrò dire che non sono rimasto inerme davanti alla cecità del mondo. "E se fosse tua la cecità? Se quello che sta accadendo fosse la cosa giusta?", potrebbe ribattere. Certo, potrebbe anche essere, ma non mi spiegherei come mai tante persone fossero diventate cieche tutte assieme. Non mi spiegherei il rilievo che le Istituzioni vi danno. Non mi spiegherei nulla di quello che sta accadendo. Qualcosa è entrato in crisi nella nostra Società, il punto è che vivendoci all'interno non possiamo vedere cosa. Saranno i posteri a rivelarcelo, e, mentre aspettiamo che il futuro diventi storia, lottiamo per ciò in cui crediamo. "Siete comunque in pochi per cambiare qualcosa, troppo pochi!", concluderebbe per tagliare la testa al toro. Presi singolarmente siamo gocce d'acqua, fiocchi di neve, granelli di sabbia... ma tante gocce possono fare un mare che con una sua ondata potrebbe lavare via lo sporco; tanti fiocchi potrebbero diventare una valanga e cambiare i lineamenti rocciosi di una montagna; un granello di sabbia può insinuarsi nel meccanismo di un orologio e bloccarlo dall'interno... quindi, perché dovrei fermarmi?


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ultimo aggiornamento: lunedì 22 luglio 2002 11.18.31
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