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FESTIVALFILOSOFIA 2003 sulla vita


La vita felice non ha bisogno di un senso

La doppia vita. La giusta misura e il desiderio infinito - Umberto Galimberti

di Paola Colombini

Modena - Carpi - Sassuolo | 19 - 20 - 21 settembre 2003


Nella splendida cornice di piazza Grande, Umberto Galimberti ha trattato il tema della doppia vita nella mattina di sabato 20 settembre sostenendo che noi viviamo una doppia vita: una di cui siamo perfettamente consci, la vita dell'io, della psiche, dell'anima, l'altra seconda vita di cui depositario è il corpo, e di cui non siamo i soggetti ma gli eventi. In questa seconda vita di cui non siamo coscienti è la "giusta misura".La donna è più consapevole di questa doppia vita: con la comparsa del ciclo mestruale essa sente che tende anche verso un'altra direzione. Ciò secondo Galimberti spiegherebbe anche perché in quella età le ragazze sono più intelligenti, poiché l'intelligenza è frutto di un conflitto che nella donna comincia molto presto.
I greci avevano una concezione ciclica del tempo per cui non c'era rimpianto o attesa, un altro tipo di temporalità è quella scopica o progettuale ciò che è in vista di uno scopo, ma i greci sanno che la progettualità è iscritta nella circolarità, iscritta nella natura che non ha scopo. Per noi moderni esiste soprattutto questo tempo progettuale, il tempo dell'io intorno a cui ci affaccendiamo. È un tempo breve che sta tra i mezzi e gli scopi (se voglio comprare casa devo avere i soldi, se no è un sogno). Per i greci la più grande colpa è la prevaricazione della natura e dalle leggi della natura desumono anche le leggi della polis. I greci hanno pensato il concetto di giusta misura che fa dire ad Aristotele: "chi conosce il suo limite non teme il destino". In una sua tragedia, Eschilo mette in scena questa domanda posta a Prometeo:" È più forte il progetto umano o le regole della natura? Il tempo progettuale o quello ciclico? In definitiva la tecnica o la legge di natura?" Prometeo dichiara la maggiore debolezza della tecnica ribadendo il concetto greco della giusta misura e di aver dato ai mortali false speranze.
Nietzsche riconosce al cristianesimo il colpo di genio di aver introdotto una terza idea di tempo: quello escatologico, promettendo agli uomini che non moriranno mai. Nella concezione cristiana del tempo, alla fine si compie ciò che è stato promesso. Il tempo diventa storia perché è qualificato come progettualità infinita e così acquista un senso. I cristiani hanno stabilito che il tempo, la vita, hanno un senso perché c'è un progetto di salvezza. Nasce una prospettiva nuova, ma anche un inganno, sia che crediamo in Dio o meno.Noi crediamo che la vita abbia un senso e creiamo un desiderio infinito (il dolore sopravviene quando non riusciamo a realizzare un desiderio). Eredi del cristianesimo sono le figure secolarizzate della scienza, dell'utopia e della rivoluzione. Bacone crede che la scienza abbia una funzione nell'opera di redenzione dell'uomo.Il dominio della natura ha origine con il cristianesimo. Abbiamo così la definizione delle tre dimensioni temporali: il passato è il tempo della colpa, della caduta, il presente è il tempo del riscatto ed il futuro è il tempo della salvezza. Anche la scienza si basa su categorie teologiche.
Con il romanticismo ci troviamo di fronte ad un evento culturale in cui la vita viene letta come una forza che vuole se stessa ed anche Schopenhauer dirà che esistono due vite: la vita come inganno e la vita vera. Goethe afferma che la natura è come una grande danzatrice attorno a cui sono gli individui che si perdono senza che essa se ne accorga. Anche la psicoanalisi è un evento romantico e Freud deve molto al suo maestro Schopenhauer. Anch'egli sostiene che esistono due vite dentro l'inconscio, o meglio, due pulsioni: la sessualità e l'aggressività. L'inconscio è ciò che l'uomo tende a rimuovere e Freud è convinto che possa essere condotto a razionalità, crede che l'io possa tradurre l'inconscio, di conseguenza crede nella storia. Un altro discepolo di Schopenhauer è Nietzsche che ha catturato in maniera mirabile l'essenza del tragico (aveva frequentato a lungo i greci) : la tragedia consiste nel fatto che l'uomo, per vivere, deve creare un senso, tutto accade in vista della morte che è l'implosione del senso. Nietzsche sostiene che l'unica via d'uscita è quella di accettare di essere ospiti della specie e all'interno dell'accettazione incondizionata, vivere tutti i nostri progetti, ma con la consapevolezza che tutto è illusione.
L'etimologia della parola desiderio ci rimanda alDe bello Gallico: i desiderantes erano i soldati che stavano sotto le stelle ad aspettare quelli che dopo aver combattuto durante il giorno, non erano ancora tornati. Da qui il significato del verbo desiderare: stare sotto le stelle ed attendere. Galimberti si avvia così verso la conclusione della sua tesi sostenendo che noi soffriamo per una sorta di ipertrofia dell'io, per un desiderare infinito: se noi ci pensassimo invece come eventi della natura ed accettassimo ciò, smetteremmo di soffrire.
Oggi siamo di fronte ad un grosso rischio sociale e politico: c'è chi ha visto nel nazismo un teatrino, le prove generali di ciò che farà la tecnica. La democrazia è sovrastata dalla retorica, l'arte della seduzione, della persuasione, per cui l'unico evento autenticamente democratico oggi è fare filosofia.
Galimberti conclude la sua argomentazione sostenendo che dietro la domanda sul senso della vita, se ne nasconde una assai più grande: perché quando siamo felici non ci interroghiamo, ma il dolore e la sofferenza urlano il loro bisogno di senso.

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ultimo aggiornamento: lunedì 20 ottobre 2003 16.45.27
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