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versione telematica di ''Bollettario'' quadrimestrale di scrittura e critica. Edoardo Sanguineti - Nadia Cavalera
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FESTIVALFILOSOFIA 2002 sulla bellezza

L’irresistibile e l’ancestrale

Come James Hillman argomenta sull’ineludibilità archetipica della guerra

di Ignazia Bartholini

Modena - Carpi - Sassuolo | 20 - 21 - 22 settembre 2002


Quali forze agitano l’uomo con la stessa intensità, spingendolo verso l’eros e verso il thanatos, verso il magnifico e il terribile? E perché secoli di storia, cultura ed esperienza non hanno fatto ancora di questo mondo occidentale un universo ordinato dove, secondo la profezia di Empedocle, l’amore e la bellezza avrebbero prevalso sul caos e sull’odio?
Nella lezione tenuta James Hillman non si dà una risposta diretta, ma un cammino a ritroso verso die Sachen selbst, riporta l’uditorio alle origini archetipiche del pensiero, quando la verità, per secoli segregata dal velo della Maja, si palesava assumendo le sembianze del mito. L’ottavo libro dell’Odissea narra di un connubio amoroso e fedifrago, quello di Ares, dio della guerra, e di Afrodite, dea della bellezza, esposti al pubblico ludibrio di uno stuolo di dei accorsi al grido di furore del marito tradito, al nostro grido che vorrebbe ordinare le passioni, ricomporre l’infranto, mondare il bene dal male. Chi altri saremmo, noi, se non quella parte di dei impotenti che osservano attoniti!
E invece no, spiega Hillman, noi non siamo fra gli attoniti astanti, apparteniamo a quella razza di uomini che vorrebbero provare l’ebbrezza promiscua del bellezza mista a furore, al di là di ogni regola secolarizzata. Il nostro bisogno ancestrale, nel testo omerico, si palesa di lì a poco per bocca di Mercurio: egli avrebbe voluto essere al posto di Ares, nell’atto del coito e nella violenza della punizione. Ed è questa l’immagine più sincera della nostra coscienza: noi vorremmo esperire entrambe le pulsioni, scivolare fra le spirali della bellezza e del furore, che nell’antichità erano l’una la metà dell’altra. Perciò Poseidone si offre di pagare per i due amanti, pagare l’offesa di chi, sentendosi offeso, non ha saputo andare al di là del bene e del male, penetrare nelle radici vitali dell’esistenza e coglierne il mistero.
Espulsi gli amanti dal talamo e dalla città, noi tutti possiamo tornare di buon ordine alle nostre faccende, vestire di nuovo abiti benpensanti e gregari, dimenticare la doppia e antitetica energia che la nostra coscienza addomesticata ha chiuso negli antri dell’Es.
Allo stesso modo nel corso del tempo abbiamo imparato a piegare ogni passione attraverso la regola aurea del giusto mezzo. E tuttavia, “garbati animali domestici”, perché a tutt’oggi non sappiamo rinunciare all’attività sanguinaria della guerra, perché Ares non è ancora stato del confitto e rinchiuso con Afrodite, nel profondo della nostra anima?
La guerra, afferma Hillman, non è un’aberrazione della natura umana e non è neppure una componente necessaria, ma c’è, dimora in noi, dalla notte dei tempi. Gli stessi testi sacri, la Bibbia o i Bagdavita, sono libri di guerra ispirati dall’amore di Dio. E il Dio dell’Antico Testamento è un Dio terribile «che magnifica la sua potenza, più importante della giustizia». La stessa natura è sublime «perché suscita terrore». E la storia, hegelianamente volta al manifestarsi dell’idea, ha annoverato, fino ad oggi, ben 14.600 guerre. Ares, tuttavia, ha bisogno della bellezza, quale unguento per lenire le ferite che la sua stessa violenza provoca. Senza Afrodite egli sarebbe intollerabile a se stesso.
Da ciò l’attrazione, mista a repulsione, per lo “scintillio delle armi”, per gli “oggetti fatti con amore allo scopo di uccidere”, per “gli aerei a forma di squalo o di uccelli rapaci e sanguinari”, che sembrano dirci che il rito del sangue ha bisogno del lenimento del bello, che le forze primordiali che si scatenano sono “belle e terribili”, e con ciò sublimi. E persino la bellezza descritta da Junger e D’annunzio, assume le sembianze di “Venere vincitrice”, come un tempo da Platone fu descritta nella doppia identità di “Venere celeste” e “Venere urania”.
La guerra, conclude Hillman, è parte di noi come la bellezza. Anche Freud l’aveva scritto ad Einstein, aveva scritto all’accorato scienziato, che si chiedeva se fosse possibile «rendere l’uomo inattaccabile dalle psicosi dell’odio e della distruzione», dell’impossibilità di addomesticare la voluttuosa violenza che a tratti l’uomo sprigiona.
Ares e Afrodite sono inseparabili in quell’orizzonte archetipico che racchiude la verità della nostra coscienza: la coincidentia oppositorum. Non possiamo respingerli, ma addomesticare l’uno attraverso l’altra, contemplandone la relazione che trasforma il bello e il terribile in sublime-dinamico.

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ultimo aggiornamento: mercoledì 25 settembre 2002 11.51.19
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