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FESTIVAL FILOSOFIA sulla felicità

Paola Colombini

Il cinema: secolarizzazione della felicità

Modena - Carpi - Sassuolo | 21 - 22 - 23 settembre 2001


Le "Visioni dell'utopia. Le comunità ideali e le parabole del cinema" è il tema dell'intervista di Alberto Morsiani ad Umberto Curi, con cui si è aperta nella serata di venerdì 21 settembre la rassegna cinematografica dedicata al rapporto tra cinema e felicità, tra cinema e filosofia. Presentando il suo libro “Lo specchio del pensiero” di recente pubblicazione, Curi precisa di aver analizzato 19 opere cinematografiche partendo da Aristotele, dal suo circoscrivere i meccanismi di costruzione del testo passando anche attraverso i miti greci. Il cinema è uno strumento molto utile per ragionare,occorre però non farsi ingannare dalla rappresentazione.Anche il film è da “leggere”, seppure dagli anni ’70 in poi si è andati abbandonando questa linea. Quale rapporto esiste tra testo filmico e conoscenza filosofica? Il rapporto tra cinema e felicità (tema del festival di filosofia) si può tradurre nel rapporto tra cinema e utopia. Il termine paradiso è di origine babilonese e ci rimanda ai grandi parchi, agli splendidi giardini babilonesi (Senofonte) Si pensa che in questi luoghi sia possibile una piena e completa felicità, è un giardino recintato, un luogo non luogo. Questo aspetto è poi ancora più evidente nella traslitterazione della cultura greca: macaria. Con questo termine si traduce una compiuta e piena beatitudine da cui deriva nella lingua italiana l’originale ed intraducibile espressione: magari! In greco i campi elisi sono il luogo dell’arrivo al di là dei limiti, qui arrivano le anime dei beati (oi macaroi) ed ha le caratteristiche di un luogo delocalizzato, indicato come un’isola ai confini del mondo. Secondo l’immaginazione che accomuna culture diverse, è possibile in un luogo che sia il più lontano e remoto possibile rispetto a tutti gli altri raggiungibili. Per la filosofia antica, felice è chi vede perfettamente, per Platone il “vedere” corrisponde alla conoscenza dell’intelliggibile. Se è vero che il paradiso è questo luogo-non-luogo, come si trasforma nei secoli nel concetto della tradizione cristiana? Il paradiso dei cristiani non corrisponde al ritorno all’eden, ma è l’escaton, il suo compimento, la contemplazione di Dio. Nella cultura politica dell’occidente, fino a circa una decina di anni fa, la felicità è vista come utopia e si compie così una radicalizzazione della cancellazione del luogo. Dal concetto di paradiso a quello di utopia si compie dunque una cancellazione del luogo (topos.). Quale rapporto ci può essere tra questo percorso ed il cinema? Il cinema è intrinsecamente utopico nel momento in cui le dimensioni dello spazio e del tempo sono negate, superate. Se il cinema come tale è utopia, come secolarizzazione del paradiso promette anch’esso felicità.Il cinema in quanto tale è consapevole di essere finzione, quindi propone la felicità come eudaimonia, come possibilità di star bene con se stessi, con il proprio carattere, ancora, come capacità di accontentarsi, consapevoli del limite della condizione umana. E con questo ultimo pensiero Umberto Curi si congeda.

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ultimo aggiornamento: martedì 9 ottobre 2001 1.55.51
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