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Bollettario.it - versione telematica del quadrimestrale di scrittura e critica diretto da Edoardo Sanguineti e Nadia Cavalera
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Recensione


Nota introduttiva

di Giorgio Celli

da Nottilabio


Voglio cominciare con un'enunciazione un po' paradossale: un racconto breve tende sempre a somigliare a un aforisma lungo, proprio perché simula la sentenza, e in qualche maniera punta sulla sorpresa di una "chiusa" imprevista. Questi raccontini di Nadia Cavalera sono in fondo in fondo, delle istantanee oniriche, e nascondono la tentazione di far coincidere il casuale con l'esemplare, il discorso contingente, e per dir cosi da Bar Sport, con le Massime sapienziali, in una continua acrobazia di compresenze fortuite, e di varia origine, che ricorda la tecnica pittorica del collage. Il protagonista, che non esiste, si manifesta nell'immagine fantasma di un creatore d'ordine nel disordine, o viceversa, prende corpo come demiurgo di un'entropia degli accadimenti della vita quotidiana che appare e scompare trasformata in cifra attraverso una scrittura mantenuta coerentemente ai confini dell'altrove. Quando la Cavalera afferma qualcosa, la spiazza immediatamente dopo, e se ne va sempre per la tangente della sua ultima affermazione, coltivando una pervicace vocazione per la fuga, e per una trasgressione operata, diciamo cosi, su sé medesima. Dicevo della tecnica del collage, ma ancor più, forse, ci troviamo di fronte ad una trasposizione in prosa del far poesia - la Cavalera è soprattutto una poetessa -, perché la metafora, che è la struttura portante dei versi, è pur sempre un'espressione dell'eterogeneo, di un eterogeneo particolare che trova la sua convalida, volta per volta, nella scoperta di quanto il caso possa contribuire all'emergenza estetica.
II limite di questi racconti brevi diventa a conferma, evidente, quando i materiali posti insieme arbitrariamente, svelano, al contrario, una palese congruità.
Perché l'operazione di scrittura della Cavalera è tutta giocata sull'attraversamento di un improbabile costantemente minacciato dal probabile.

Bologna, settembre 1993

Un limite? o il semplice inverarsi della mia poetica: descrizione di un fatto reale che possa assurgere ad allegoria di un altro fatto reale, su cui esprimere, cosi, in distanza per maggiore presa, il mio punto di vista? Che se questo poi, è duro, spietato, aspro e amaro, perché sabbia la realtà sino all'essenziale trivialità dei tempi, di questa sottovita, pazienza!
So per certo che giova, nel dialogo, ai miei interlocutori. Come spero, anche agli altri lettori.
E questo mi basta (: un giorno qualcuno mi chiamb Krista, per il resto ero sempre Rossella 0').


Nadia Cavalera
superrealista allegorica
da Nottilabio, 1995




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ultimo aggiornamento: martedì 30 novembre 2004 16.57.12
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