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Recensione


Nota Critica

di Giorgio Barberi Squarotti

da Brogliasso


Se parlare della ricerca e della sperimentazione del nuovo, nella prospettiva di un discorso d'avanguardia inteso come esplorazione di ulteriori possibilità della parola, sia legata al verso, sia immessa nel ritmo più fluido e disteso della prosa, ha ancora, oggi, un senso, allora il punto di riferimento ha da essere un'opera come Brogliasso di Nadia Cavalera, che fin dal titolo denuncia due diverse, ma concomitanti intenzioni: da un lato, l'ironia, l'antifrasi, rivelata dalla deformazione dialettale, il gioco, la scelta dell'incondito, del non ordine, del coacervo, lontano da ogni preoccupazione di economia costruttiva e di essenzialità) e distinzione di forme; dall'altro, l'ambizione alla totalità, che il "brogliaccio " è, come enciclopedia di temi, linguaggi, strutture, appunti, modi, proponendo così il libro come quello che raccoglie in si le più diverse esemplificazioni di uso della parola e di concezione della. scrittura letteraria.
Ciò che distingue il "brogliasso " di Nadia Cavalera è anzitutto la consapevolezza, che vi dimostra, del carattere di falsetto, cioè di parodia intrinseca, che ogni operazione sperimentale non può ormai non avere, dopo tanti decenni trascorsi nella riproposizione di formule, modalità, polemiche, gruppi, fino al più noioso dei manierismi. È la necessita., che l'autore ha sempre ben presente, di prendere le distanze dalle sperimentazioni stesse che compie, rilevandone, con suprema sapienza, al tempo stesso le ragioni e l'impegno d'invenzione, e le obiezioni critiche, le riflessioni, il giudizio ironico, la consapevolezza, insomma, del rischio che è intrinseco all'esercizio sperimentale, e, di conseguenza, il rifiuto della maniera, che consiste nella. ripetizione del già detto con qualche uso, più o meno abile, della variatio. In questa prospettiva, Nadia Cavalera riconquista la possibilità dell'inventio, laddove sembrava improbabile. Nei versi soprattutto la coscienza dell'assoluta opportunità di denunciare il carattere parodico della scrittura sperimentale si rivela: nei sonetti, per esempio,rigorosissimi quanto a struttura metrica e ritmica, ma giocati con quanto migliore allusività è possibile sulla citazione della più illustre tradizione sonettinistica delle origini con l'accoglimento di interi versi,ma sottoposti a qualche modificazione anche minima, per denunciare il carattere di falsetto parodico dell'uso sia della forma del sonetto, sia delle immagini che lo compongono di su la memoria del primitivo uso. Anche al di fuori della struttura chiusa e obbligata del sonetto, i versi si compongono presso che tutti sul rapporto fra immagine o forma o nucleo di creazione verbale e il commento, dissacrante, che indica come l'autore sia sempre ben presente quale giudice di quanto compone, e sapiente nonché saggio demiurgo di un gioco che è nuovo perché, intrinsecamente riflette sulle sue regole e le rileva come ben diverse rispetto all'ideologia del nuovo delle avanguardie di questi ultimi trenta-quarant'anni. Il "brogliasso " è, di conseguenza, una creazione che è anche la riflessione critica su se stessa, non nel senso (usurato)di un discorso intorno alla difficoltà della scrittura oppure a proposito della scrittura stessa, come poesia del fare versi, ma come dimostrazione che l' inventio ha da provare anzitutto, per reinverginarsi, la parodia del trattamento verbale, delle forme, della modalilità verbali e costruttive (o distrattive) quali il recente passato neoavanguardistico ha condotto al fastidio, alla ripetitività , all'inerzia del già detto. Diversa è la situazione delle sezioni in prosa di Brogliasso.
Ci sono, sì, brevi appunti in cui si esplica il gusto della variazione su un tema verbale, su una cadenza di suoni, su un itinerario di assonanze, che si dispongono in fila, come in una rassegna di possibilità di sondaggio di gruppi sonori o semplicemente fonetici, ma ci sono soprattutto più distesi nuclei di narrazione, che si intitolano variamente la sperimentatrice, l'alchimista, la sofista, l'innevata, Le-cass-andra, veri momenti di originalissima creazione di un linguaggio, di un ritmo, di una costruzione di racconto. Malgrado la dimensione quantitativamente circoscritta dei testi, si avverte dentro il respiro di una rappresentazione narrativa del mondo finora intentata, nella quale l'assunzione allusivamente citatoria della tradizione del mito (a riprova, il testo Aragne) si traduce nel reattivo ironico dell'intreccio di situazioni, personaggi, scorci di storie, che viene rappresentato, con una liberissima felicità combinatoria. È la dimostrazione del modo con cui il genere narrativo può uscire dall'impasse e dall'impaccio di dover usare un linguaggio inevitabilmente usurato e ancor più usurate strutture oggettive, psicologiche, ideologiche, memoriali. Il linguaggio narrativo si reinventa anch'esso come nuovo spessore di slancio fantastico e immaginativo e di sprone dell'arte attraverso il mito e la cultura chiamati a offrire il loro ricordo, ma nella luce della segreta parodicità quale punto di riferimento dell'invenzione. E il ritmo può essere allora quello della continua avventura che i nomi e le etichette offrono come spunti iniziali alla scrittura. All'interno di tale ritmo si possono accogliere altri generi, ridotti a microstrutture: come 1'aforisma, il lirismo, l'antifrasi di basso e sublime mescolati lietamente, la "morale ", ecc. Sono i momenti supremi del Brogliasso: la proposta, anche, di una direzione futura di lavoro, già ora, esemplare nei risultati raggiunti.

Torino, 9 febbraio 1995

da Brogliasso 1996




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ultimo aggiornamento: martedì 30 novembre 2004 16.57.12
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