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BoXoN: quando la poesia si muove

Ilaria Vitali

Bollettario n°40


Giochi di parole, creatività lessicale, immagini, melodie e cacofonie, ritmo vertiginoso: sono questi gli ingredienti che sembrano comporre le “poesia in movimento” del gruppo di BoXoN, rivista letteraria, concepita, fotocopiata e diffusa volutamente in versione « cheap », nata nel novembre 1997 dal desiderio di diffondere una poesia dalle pratiche sperimentali, estranea ai circuiti di diffusione istituzionalizzati. La rivista, così come il collettivo, non segue infatti una rigida linea editoriale, ma cerca di dare voce ad un’idea letteraria eterogenea e multiforme, che comprende poesia lineare, visiva, sonora.
Questo modo di fare poesia non è tuttavia invenzione del collettivo, e risulta essere meno recente di quello che appare. È infatti a partire dagli anni 50 che si sviluppano queste nuove tendenze, che affondano le loro radici nelle avanguardie d’inizio novecento. A New York, è il gruppo che sarà poi definito Beat Generation, a creare i primi spunti per una poesia viva, sonora, che preveda una performance da parte del suo autore, attraverso l’uso di strumenti quali microfoni e magnetofoni. La controparte europea del movimento statunitense si avrà a partire dagli anni 50 e 60, con Bernard Heidsieck, che fonda in Francia la poésie sonore e, qualche anno dopo, la poésie action. Si tratta di un tipo innovativo di fare poesia che non è più fondato esclusivamente sulla pagina, ma che si confronta da vicino con l’idea di performance. Grazie ad Heidsieck, gli anni sessanta vedono lo svilupparsi in Francia di questo genere al limite tra arte e spettacolo che unisce saperi, tecniche, tecnologie innovatrici, per rivoluzionare l’idea di poesia.
Il concetto di performance, di una rappresentazione quasi teatrale, rimane nucleo centrale anche nella produzione artistica del gruppo di BoXoN, spinto dalla volontà di una parola che sia prima di tutto pronunciata, parlata, letta ad alta voce (e sempre più velocemente, come prescrive la nota al testo Perfor(m)ation di Cyrille Bret…).
Se la poesia sonora gioca, da un lato, sui rapporti di senso creati dall’incontro testo/suono, quella visiva si sviluppa invece attorno ad un’altra complessa relazione, quella tra testo e immagine, che conta una lunga catena dialettica a partire non solo dalle avanguardie d’inizio novecento, ma già dalla poesia latina. La poesia visiva di Boxon si avvale tuttavia delle nuove tecnologie a disposizione dell’artista-scrittore: strumenti quali il computer, il video, i pannelli luminosi e gli ologrammi, alla ricerca di una poesia di impatto immediato in cui i circuiti di senso e significato si moltiplicano continuamente.
Il nome di “Boxon” la dice lunga sul credo del gruppo. Il termine possiede infatti da un lato il significato di “bordello” – luogo di dissoluzione e sregolatezza – e dall’altro quello traslato di “casino”. Confusione, disordine, provocazione costituiscono dunque gli elementi caratterizzanti del collettivo.
Il gruppo nasce nel 1997 ed è originariamente costituito da quattro membri – Gilles Cabut, Julien D'abrigeon, Gilles Dumoulin, Jean-luc Michel – studenti lionesi, in totale disaccordo con l’idea convenzionale del poeta compassato. Il collettivo coinvolge via via nuovi membri: Christel Hugonnaud e Cyrille Bret a partire dal 1998, Georges Hassomeris nel 1999, Cosima Weiter et Thomas Braichet nel 2001. Nove autori poliedrici e dalle pratiche ed estetiche assai diverse. Ad unirli, più che la comune passione per Doc(k)s e TXT e la poesia sonora e visiva di Heidsieck, sembra essere il comune disgusto per un modo di fare poesia superato, la volontà di uscire da una pretesa poesia du sérieux, dall’atteggiamento ieratico del Poeta Vate.
Il gruppo comincia ben presto a farsi conoscere, soprattutto grazie alle letture-azione nei bistrots lionesi. Oggi, anche se invitati a importanti festival e spettacoli in Francia e all’estero, non dimenticano di portare le loro performances in zone più marginali, seguendo il desiderio di far uscire la poesia dai suoi circuiti istituzionalizzati.
Oltre all’originale rivista, il collettivo Boxon ha poi interessanti ramificazioni elettroniche: è il caso del sito T.A.P.I.N., ideato da Julien D’Abrigeon, che, come spesso accade nella poesia di Boxon, possiede anch’esso un doppio senso: oltre a significare nel francese famigliare “marciapiede”, è anche acronimo di Toute Action de Poésie Inadmissible sur le Net. Ed è proprio di questo tipo di poesia “inammissibile” che si occupa il sito, in particolare la sezione “e-criture”, altro gioco di parole in cui il termine écriture, “scrittura”, si combina con la fatidica “e” che rappresenta tutto ciò che “elettronic”. Ne risulta una scrittura progettata con, per, attraverso il computer. L’attenzione testuale che caratterizza il gruppo in generale è qui portata all’eccesso, il layout costituisce elemento caratterizzante al punto da divenire unico elemento fondatore del testo stesso.
Questo genere di poesia “elettronica”, cinetica, visiva, è definito dagli stessi autori “poesia animata”, poesia “mobile”. Ed è questo che appare: l’animazione di un testo già fortemente connotato dall’attenzione a livello grafico e formale, che può ricordare una sorta di animazione dei calligrammes di Apollinaire. Proprio come le avanguardie d’inizio novecento, gli autori di BoXoN sembrano voler portare avanti l’idea di spostare la parola verso l’immagine, in questo caso, verso l’immagine in movimento, senza tuttavia dimenticare spirito critico e ironia dissacrante.
Molto interessante il tentativo di innovare e rendere “attuale” la poesia attraverso l’impiego delle nuove tecnologie che si offrono alla scrittura: gli elementi specifici propri del computer, le possibilità e le costrizioni dello schermo e della rete, divengono così autentici supporti e apporti stilistici caratterizzanti il testo e il suo significato. Il risultato è una poesia inscindibile dal mezzo che l’ha generata (impossibile per esempio da stampare, senza perdere una parte importante dei suoi contenuti).
Un gioco post-avanguardistico, che sembra voler costruire l’anello mancante nella catena dialettica che lega la scrittura e l’immagine pittorica, fotografica, cinematografica. Non si tratta tuttavia solamente di uno sterile gioco: la rivista BoXoN vede come fondatori ed affiliati dei veri e propri obsédé textuels, ossessivamente attenti allo stile, alla scelta delle parole, alla forma (stilistica e grafica), al layout della pagina. È il caso di Re-re di Julien D’Abrigeon, o ancora di Up-poër-cut di Cyrille Bret.
Nella produzione di Boxon abbondano i giochi di parole, la creatività lessicale e le espressioni fortemente idiomatiche, che sfruttano la vasta gamma di omofoni offerta dalla lingua francese, che permette una libertà e una possibilità di innovazione linguistica e stilistica impossibile (e intraducibile) in italiano.
Il nome di Tapin, “marciapiede”, vuole avere un significato che in parte si riallaccia a quello di Boxon: il marciapiede è inteso dagli autori come luogo “dell’adescamento attivo”, da cui l’idea di far uscire la poesia dalla ristretta cerchia dei soli iniziati, attraverso delle vere e proprie actions sauvages, staccandola dalla pagina e dalle caratteristiche scontate che spesso il pubblico di lettori le attribuisce. Per i creatori di Boxon l’idea del poeta che declama poesie seduto in cattedra con un triste bicchiere d’acqua accanto, è decisamente superata. La poesia azione richiede infatti il coinvolgimento attivo del suo pubblico.
Sul sito di TAPIN, che pullula di altri innumerevoli giochi di parole, appare anche una sezione dedicata ai progetti in corso e alle “cartes blanches”: ne costituisce un esempio quello di riscrivere la Marsigliese, inno nazionale “barbaro e violento”, che poco si confà agli ideali di libertà, fraternità, uguaglianza proclamati della repubblica…
In questa volontà di creare un contatto con chi legge, è possibile osservare la costante ricerca dell’interattività, della multimedialità, della complicità con il pubblico, la volontà di coinvolgere il lettore in senso primo: è quello che accade nella poesia Horde d’ordre et d’horreur, in cui D’Abrigeon lascia a chi legge la possibilità di cambiare l’ordine delle parole cliccando sulle stesse con il tasto sinistro del mouse. Faîtes ce que vous voulez avec ça, cela ne me regarde plus...
E possibile leggere nelle parole di D’Abrigeon la dichiarazione che il testo, una volta prodotto, non appartiene più all’autore, ma a chiunque lo legga, a chiunque se ne voglia appropriare. Una possibilità di semiosi illimitata che la maggior parte degli autori contemporanei spera di riuscire ad evitare dichiarando la propria autorità e onnipotenza sul testo prodotto.
Non è questo il credo di Boxon. Gli autori si esibiscono così in performance dal vivo, soirées bordéliques, in cui permane sempre lo stesso imperativo: “mettre la poésie debout”. Far alzare in piedi la poesia, come sostiene Heidsieck, mostrandone il lato vivo, attivo, originale. Un lato che troppo spesso rimane nascosto.



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ultimo aggiornamento: lunedì 1 marzo 2004 17.30.54
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