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versione telematica di ''Bollettario'' quadrimestrale di scrittura e critica. Edoardo Sanguineti - Nadia Cavalera
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ESTRATTO

Intervento al Seminario su "Avanguardia e comunicazione" (10 maggio 1996, Roma, Accademia d' Ungheria)

Edoardo Sanguineti

Bollettario n° 30/33


Il problema del rapporto tra comunicazione e avanguardia venne affrontato già a suo tempo dalla neoavanguardia, quando Giuliani mise in guardia dall'identificazione tra illeggibilità e avanguardia, dal ritenere l'illeggibilità condizione sufficiente a dimostrare l'appartenenza all'avanguardia. Ma che cosè che è leggibile? Perché un testo è ritenuto difficoltoso e un altro invece facile e chiaro? Nel rispondere a queste domande bisogna considerare il fatto che non esiste nessuna facilità o oscurità per sé. è un problema intersoggettivo: assunto un certo codice, certe modalità stilistiche, una data sintassi, una data organizzazione del discorso, ciò seleziona automaticamente - e presso colui che parla e presso colui che ascolta - delle possibilità di intesa e delle possibilità di equivoco. La facilità e la chiarezza oppure loscurità e il carattere arduo di un testo (non solo di un testo letterario ma anche visivo o musicale o cinematografico) non sono un dato intrinseco, ma un dato relativo e storico. Quello che per alcuni è estremamente difficoltoso, per altri può apparire assolutamente immediato. Insomma: la comunicatività non è assoluta.
Se non si considera questo si incorre in due tipi di semplificazione: il rimprovero genericamente fatto allavanguardia di scarsa capacità comunicativa, ma anche lassunzione dellavanguardia stessa come ideale di non-cominicatività, che pone la sua strategia alternativa in maniera irrelata, non storicamente e socialmente definita. In entrambi i casi si immagina di confrontarsi con un una sorta di codice universale che sarebbe eloquente ed efficace senza ulteriore discriminazione.
Invece, in una condizione storica determinata esistono alcuni codici egemoni e occorre interrogarsi sulla loro funzione ideologica, chiedersi quale ideologia connota un determinato linguaggio, quale posizione di forza o egemonia assume rispetto alla pluralità dei linguaggi. Perciò vedo un pericolo sia in chi, non interrogandosi a sufficienza sulla sul carattere storico-concreto della comunicazione, tende a rifiutare lavanguardia per una carenza comunicativa; ma anche chi innalza una bandiera di non-comunicabilità, anchessa abbastanza astratta.
Una certa volontà di non-significazione che si costituisce in certo momenti storici come assoluta ha un significato forte se si costituisce (come è avvenuto nei momenti davvero alternativi dellavanguardia) come atteggiamento di non collaborazione con i codici esistenti, di sciopero nella produzione dei testi e persino di sabotaggio delle forme comunicative, fino a quelle mitologie del silenzio e della rinuncia allopera che non dovrebbero essere dimenticate e che rimangono dei punti di riferimento anche in unepoca così opaca come la presente.
Credo che, proprio dal costituirsi del codice romantico-borghese, che elimina i codici che avevano precedentemente funzionato per secoli e si costituisce come codice ideologicamente molto caratterizzato, di fronte a questa connotazione ideologica prendono il via le alternative: si apre il momento delle avanguardie. Si apre il problema del che fare? e questo punto programmatico è anche oggi quello decisivo da affrontare per le nuove ipotesi del Gruppo 93 e della Terza Ondata. Qui ci sono state giuste speranze e eccessi di ottimismo: si è ribadita la necessità di un nuovo movimento di avanguardia, ma più in astratto che in concreto, più come opzione che come organizzazione effettuale, però scontando una carenza di strategie e di programmi adeguati: dal punto di vista dei risultati e delle modalità di prospettiva suggerite si è ottenuto poco.
Da parte mia, insisterei sulla costante anarchica che è insita nelle posizioni di avanguardia: oggi che possiamo tentare un bilancio del secolo, quello che sopravvive nellambito della comunicazione, artistica o altro, è quello che si è articolato a partire da una proposta di ordine anarchico. Come mi è accaduto di precisare, considero il comunismo la forma strategica organizzata e praticabile dellanarchia, non una alternativa ad essa.
Infine, sul problema di come affrontare lo sviluppo tecnologico della comunicazione, bisogna evitare di cadere in quella rappresentazione corrente che parte dallimpressione di una emarginazione della comunicazione culturale. Ogni volta che ascolto lamenti sul fatto che si legge poco, mi viene da ribattere che non ci sono mai stati tanti alfabetizzati, nella storia planetaria, non sono mai stati pubblicati né hanno mai circolato come oggi tanti libri. Alle nostre spalle sta la storia di masse di umanità analfabete, in condizioni spaventevoli; il che non vuol dire che siamo nel Paese di Cuccagna, però non dobbiamo dimenticare che godiamo oggi di condizioni culturali molto più complesse e articolate, molto più comunicanti. Spesso cè una deplorazione, molto simile a quella contro la quale precisamente combatteva Benjamin, richiamando alla responsabilità politica della gestione dello sviluppo tecnologico, di fronte a una società che o non è in grado di gestirlo o ne fa impieghi perversi. Senza opporre soltanto resistenza o vedere nel presente i segni della corruzione e della fine, tocca allavanguardia mettersi nella posizione nettamente apologetica nei confronti delle possibilità ulteriori di comunicazione e di articolazione linguistica che ora sono offerte. Qui ognuno deve assumersi le proprie responsabilità per rispondere alla domanda del "che fare?", avanzata nell'intervento di prima da Nadia Cavalera; e io a questa domanda rispondo: vi invito ad organizzare l'anarchia.

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ultimo aggiornamento: domenica 11 febbraio 2001 14.53.08
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