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versione telematica di ''Bollettario'' quadrimestrale di scrittura e critica. Edoardo Sanguineti - Nadia Cavalera
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ESTRATTO

Intervento contro la guerra

Edoardo Sanguineti

Bollettario n° 29


  La guerra accende la fantasia dei poeti, "ma ha mai trovato un solo poeta di sinistra disposto a esaltare la guerra? Majakovskij celebrava la rivoluzione, non la guerra. L'estasi della guerra appartiene a D'Annunzio, a Marinetti. Io la penso ancora come Brecht: sventurati i popoli che hanno bisogno di eroi".   […] Nel giorno in cui la guerra stringe la sinistra in una morsa di contraddizioni, di fronte al governo D'Alema che appoggia la decisione Nato, Sanguineti si trova in sintonia con Ingrao e, "mi fa effetto dirlo perché più che laico sono un profano, ma sono in sintonia pure col Vaticano. Meno male che c'è la Chiesa, mi fa sentire meno solo. Il Papa, tra l'altro, può contare su una bella audience mentre certe voci di sinistra parlano nel deserto".
  Non fosse stato per Ingrao, riflette Sanguineti, non fosse stato per lui che ha ricordato come la Costituzione italiana bandisca la guerra in quanto strumento di risoluzione delle controversie, nessuno ci avrebbe più pensato. "L'indifferenza è generale. Stamattina sono andato al bar a fare colazione, all'università ho parlato con studenti e colleghi: nessuno mi ha detto: "Hai visto cosa succede nel Kosovo?" Per fortuna c'è ancora qualcuno che grida nel deserto. La guerra vera non è come andare al cinema a vedere il soldato Ryan".
  Nella contraddizione di una sinistra che riesce a digerire il liberismo ma, di fronte alla guerra, inevitabilmente si spacca tra il realismo di chi sta al governo e la vocazione antibellicista, Sanguineti ammette l'impotenza e la paralisi: "Una sinistra che va al governo e non riesce a modificare le strutture dello Stato, si trova per forza stretta tra le esigenze nazionali da un lato e la necessità di rappresentare quelle che un tempio si chiamavano i bisogni del proletariato. Per le classi deboli, diciamo così, la guerra non è mai un'opportunità. Storicamente, la guerra è un'opportunità per il capitalismo".
  Eppure non si può dire che la sinistra sia sempre stata pacifista. Fu interventista, per esempio, nella prima guerra mondiale e interventista nella guerra di Spagna. Non sarà che la sinistra, in Italia, è semplicemente antiamericana? Sanguineti nega: "La sinistra fu interventista nella guerra del '15-'18 con esiti sappiamo quanto disastrosi: si ritrovò con Hitler e Mussolini. La guerra di Spagna fu guerra di difesa, non c'era volontà aggressiva: la guerra, lì, la faceva Franco. Anche la nostra Resistenza è stata una guerra di liberazione, è nata trasformando una posizione militarista in una scelta di rivolta contro un dittatore. La sinistra non è, di per sé, pacifista, può affrontare le durezze di un conflitto, ma non ha una vocazione guerrafondaia. Quanto all'antiamericanismo, le sembrano antiamericani Prodi e D'Alema?".
  L'ambiguità della sinistra, riflette Edoardo Sanguineti, è cominciata, appunto col governo Prodi e proseguita col governo D'Alema: "Prodi di sinistra non è, D'Alema non so se si possa ancora dire di sinistra, ma certo l'uno e l'altro avrebbero potuto chiedere, in tempi meno convulsi di quelli che stiamo vivendo ora, una revisione degli accordi Nato. Poche settimane fa, con la sentenza del Cermis, D'Alema si è trovato a dover reclamare il rispetto della responsabilità giudiziaria, il riconoscimento dei danni…Bisognava pensarci prima e, da uomo di sinistra minimamente ottimista, dico a D'Alema: sei ancora in tempo. Se c'è una strategia, nella politica, se non c'è solo tattica, appena sarà possibile rivediamo gli accordi della Nato. Il precedente di Saddam insegna: Milosevic rischia di rimanere là dov'è per anni mentre noi, come minimo, saremo invasi dalle popolazioni in fuga dal Kosovo. D'Alema dice:" L'Italia non corre pericolo". È inquietante che senta il bisogno di rassicurarci".

(da Corriere della sera, 25 marzo 1999 - intervista a cura di Maria Latella)
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ultimo aggiornamento: domenica 11 febbraio 2001 14.53.08
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