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ESTRATTO


La sinistra che mi manca

Edoardo Sanguineti

Bollettario n°41


da un’intervista rilasciata a «Telecittà» di Genova e riproposta in parte da «L'Unità» il 20/10/2003


A Venezia non ho fatto nulla di coraggioso, ma solo quel che qualsiasi cittadino deve poter fare: esprimere liberamente le proprie opinioni. Qualcosa che anche il Presidente Pera ha riconosciuto essere nel mio diritto. Il fatto che ciò sia apparso come coraggioso e provocatorio, significa che siamo caduti molto in basso. Se, per dire semplicemente ciò che si pensa, anzi per intervenire a difesa della Costituzione repubblicana antifascista, occorre apparire coraggiosi...allora siamo proprio in brutte acque. Ecco quel che mi colpiva, e che è stata poi la ragione di questo moto del cuore in quella circostanza: molte cose sono disputabili, ma oggi si è smarrito un criterio che è di pura legalità nel paese. Ad esempio, chi in questa Repubblica si è mai presa la briga di andare a vedere che cosa dicevano i costituenti, a proposito del finanziamento della scuola privata? Nessuno. Quello sulla scuola è divenuto oggi un dibattito astratto, che nondimeno al tempo dei costituenti si era concluso sulla base di una formula molto chiara e inequivoca: «senza oneri per lo stato ciascuno può aprire le scuole che crede». Ebbene tale punto mi pare poco contestabile. Ma se ci sono dubbi, non si tratta di fare gli acchiappacitrulli o gli abboccapicchi. Si prendono gli atti della Costituzione, il dibattito di allora. E risultano chiare le posizioni a confronto e come si è deliberato al riguardo, ieri e oggi. Veniamo invece al dibattito interno alla sinistra e alla coalizione di centro-sinistra. È molto deludente, e lo dico con molta sofferenza. Non mi piace infatti contendere con posizioni che amerei molto poter condividere. Invece, debbo dire che il governo del Centrosinistra è stato un governo di Centro. Come è fatale che sia ogni volta che c'è una netta svolta socialdemocratica. Quello che la Destra in fondo non aveva osato fare, lo ha fatto la Sinistra. La quale, come spesso accade nella storia della socialdemocrazia, è stata delegata a tale compito improprio. Non soltanto una guerra illegittima è stata mossa. Quella del Kosovo, contro la Costituzione. Ma si è fatta l'apologia della flessibilità, che poi vuol dire sempre e solo flessibilità in uscita. Riconoscendo al contempo come legittima la revisione della protezione pensionistica. E poi si sono rese le Università e le scuole, sempre più «autonome ». Il che vuol dire che economicamente esse devono usare i soldi degli studenti, per poter gareggiare tra loro in una situazione competitiva. Il tutto accompagnato da un grande elogio della concorrenza e della competizione, per cui le varie università sono lì a gareggiare, a caccia di sponsor. Con i fuorisede in difficoltà per trovare una stanza, le famiglie gravate da tasse scolastiche e la mistificazione del lavoro flessibile, come cuccagna. Insomma, giovani tutti omologati al mito del figlio di papà plurispecializzato, che un giorno potrà dire: «Finora ho fatto il chimico, adesso invece vado a costruire case in Alaska». Inoltre, dalla Bicamerale al lavoro i risultati del centrosinistra non sono stati esaltanti e in qualche caso disastrosi.... ...Devo dire che ho avuto una certa simpatia per l'atteggiamento di Rifondazione perché ha mantenuto un codice d'onore, benché si possa poi disputare l'opportunità politica di alcuni irrigidimenti. Tuttavia ci sono casi in cui la moralità deve prevalere assolutamente come rigore, e precisamente è il caso del rifiuto della guerra. Quanto alla discussione sul «partito unico riformista», vorrei dire quel che segue. Ho un'opinione molto semplice al riguardo. Credo che la Sinistra che voglia proclamarsi Sinistra debba rivolgersi nuovamente al proletariato, e parlare chiaramente del fatto che viviamo in una Nazione in cui esiste - come in tutte le nazioni - una massa enorme di proletari che debbono riappropriarsi della coscienza di classe. Questo è il compito della Sinistra perché, piaccia o dispiaccia, dopo Marx ed Engels c'è solo una Sinistra, le altre sono Sinistre per modo di dire. C'è la Sinistra alla Blair, tanto per capirci. La sinistra di un guerrafondaio aperto, che ha falsificato documenti e copiato Internet, per legittimare le sue scelte. Mentre oggi purtroppo la coscienza di classe appartiene in esclusiva e da tempo ai borghesi, ai capitalisti. I quali tranquillamente sanno di essere borghesi e capitalisti e perciò difendono i valori dell'impresa, del profitto. Di contro, per la Sinistra non esistono più proletari, laddove il numero del proletariato effettivo è aumentato. Ormai anche un dirigente di banca o di qualsiasi ufficio può essere licenziato perché è in esubero, come una volta non si usava... ...Si sente ripetere a sinistra sino alla nausea: ci vuole un programma. Bene, c’è effettivamente un problema di alleanze nel centro-sinistra. Ma è inutile rompersi la testa sul programma. C’è già ed è nella Costituzione. La Costituzione proclama il diritto al lavoro, anzi parla perfino di dovere del lavoro. Perché il cittadino è tenuto ad esigere di poter collaborare all'interesse generale della Nazione. Dunque, non è soltanto un diritto quello che egli rivendica quando chiede un posto di lavoro, ma l'attuazione di un dovere. C’è il diritto alla salute, c'è il diritto all'istruzione libera e gratuita, c'è il diritto alla pensione. Ci sono una serie di diritti che sono nella Costituzione e basterebbe dire: «Signori, noi abbiamo questo programma, come Centrosinistra, come grande alleanza delle forze democratiche». Ribadire la forza della Costituzione, questo è il programma! È già tutto scritto, non c'è da aggiungere una virgola, né da mutare una parola a quelli che sono i dettati fondamentali. È completamente stolto, allora - è l'unica parola che mi viene in mente - stare a discutere quale sarà il leader che ci può rappresentare meglio. Come se dovessimo accettare la gara di simpatia televisiva, di telegenia come problema politico. No, in questo modo si gioca integralmente il gioco dell’avversario. Non voglio certo enfatizzare una parola come «odio di classe» che è una parola che potrebbe suonare sgradevole, se non ricondotta a quella che era l'intenzione di chi l'ha formulata. Non era affatto una intenzione di pura aggressività o di indisciplina civile. Al contrario, era la consapevolezza che la storia è fatta di lotta di classe ed è inutile nascondersi dietro ad un dito. La lotta di classe la conducono spietatamente le forze al potere. E basta andare ad un mercato qualunque, per rendersi conto come si conduce la lotta di classe sulle paghe o sopra la miseria della gente. .... Non capisco perciò, come ci si possa accapigliare a dire: partito unico, più partiti, ci alleiamo, dall'interno, dall'esterno, etc. Questa è pura perdita di tempo ed è da poverelli, perché quello che è il problema radicale - e il vero programma è già tutto scritto - viene ancora una volta accantonato. Semmai si tratta di discutere, di entrare nel dettaglio. Per capire che cosa si può modificare, e come si possono tradurre in pratica le linee maestre di quel programma di cui già disponiamo. L’altro problema su cui si è molto polemizzato è: «Piazza sì, piazza no» nel fare opposizione. Ebbene, il diritto a manifestare liberamente in piazza è un diritto - anche questo! - sancito dalla Costituzione. Farne una questione fondamentale vuol dire già accettare come dilemmatica la cosa. Il che - a mio avviso - non dovrebbe accadere. Quello di cui bisogna tener conto, è che la piazza, proprio perché è di tutti, è un luogo delicato. Se si fa la marcia dei 100 mila può mutare l'opinione politica e non solo per la FIAT, per Torino, etc. Si può dimostrare in quel caso che esiste una «maggioranza silenziosa», e si fa presto a far passare il messaggio. Le minacce leghiste ad esempio sono molto orientate in questo senso mediatico. Sono probabilmente utopiche. Eppure quando abbiamo sentito Bossi dichiarare che bisognava fucilare i democristiani, i socialisti, i comunisti - i Partiti che ci hanno dato la Carta Costituzionale - si è detto solo che è un ragazzo un po' intemperante. E che in fondo parla ai suoi, e non agli altri. La piazza di sinistra al contrario è delegittimata a priori. No, queste sono cose - a mio parere - assolutamente inaccettabili. L’unica regola che vale è: ognuno deve - proprio in nome della responsabilità - sapere quello che dice. Misurare il peso delle parole che impiega, perché le parole in certe circostanze sono davvero pietre. Il punto quindi, non è «piazza sì, piazza no». È questione di valutazione politica, di una fase che può essere tattica o strategica. Ma è molto importante che il proletariato in quanto tale riprenda coscienza di sé, anche attraverso manifestazioni di piazza. Benché poi nessun girotondo risolverà mai i problemi. È infatti nella sede parlamentare, e nella sede del programma del Centrosinistra - come programma della Costituzione - che questi problemi vanno realmente posti e affrontati.



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ultimo aggiornamento: venerdì 17 novembre 2003 08.53.59
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