Bollettario Bollettario Network 
versione telematica di ''Bollettario'' quadrimestrale di scrittura e critica. Edoardo Sanguineti - Nadia Cavalera
home / estratti / molli 34/36

ESTRATTO

Gian Maria Molli

Rivelazioni

Bollettario n°34/36


Ragazze, che colpo. Nulla in confronto ai guai vostri, lo ammetto. Anzi, mi considero fortunata, quasi una mosca bianca in mezzo a voi, figlie di divorziati, di separati in casa, di padri dispersi nella nebbia. Io i miei ce li ho tutti e due, mai che li abbia visti misurarsi i piatti, tanto meno la coltelliera, che è anche bella a vedersi con il contenitore di legno massello. A dire il vero è degna di una macelleria, o di un film alla basic instinct con tutti quegli attrezzi per sbudellare, squartare e fare a pezzi. E cosa ci sta a fare nessuno lo sa. Non l'ho mai vista usare una volta. Ah sì, ma giusto da nonna quando disossava polli e conigli per fricassee e spiedini. La usava anche nonno per affettare il prosciutto. Ma un secolo fa. Il nonno. Facciamo cavallina, diceva. Cavallina trotta via. Ora se ne sta lì, la coltelliera. Un bel pezzo d'arredamento, come l'anfora greca, il vaso etrusco, la piramide di giada, il De Chirico, che sembra un altro articolo di macelleria con tutti quei busti decollati, anche se lui ci ha messo la luce diffusa per valorizzarlo. In breve, ieri sera stavo per addormentarmi, anzi: ero più di là che di qua, sapete: proprio sul momento che precede l'incoscienza, ma senza rendersene conto, altrimenti è finita: non dormi più. Ero già riuscita a spengere l'abat-jour, gli occhi già chiusi, il libro che mi stava per scivolare di mano, non lo sento mai cadere, mi addormento prima, e invece ieri sera l'ho sentito proprio bene, ha fatto un botto, non credevo che facesse tanto rumore, forse è stato proprio quel tonfo inaspettato a distogliermi all'ultimo istante dal sonno. Insomma, riapro gli occhi, e cosa sento nel silenzio? Fammi la mucchina. Sì, una voce che dice: Fammi la mucchina. Aspettate. Rimango sconcertata, ma penso: i vicini. Sparano la tele a volume orbitale, di giorno e di notte, con questi muri di carta che si sente anche se uno fa la pipì. Per questo piazzo in bagno lo stereo a palla, almeno finché non ho finito le basse funzioni. Mi volto verso il muro confinante, magari è un nuovo gioco alla Scommettiamo che, tipo: 30 mucche da mungere a occhi bendati e con le mani dietro la schiena in 3 minuti, ma la presunta televisione tace. Chiudo gli occhi, faccio appena in tempo a formarmi un'immagine alpestre di mucche al pascolo in un tramonto colorato alla Milka, che risento la voce di prima: Fammi la mucchina. Stavolta è più forte e più nitida, tanto forte e tanto nitida da sembrare addirittura nella mia stanza. Smetto di respirare. Ma il cuore mi comincia a rimbombare a un ritmo da disco music, se c'è qualcuno nella stanza mi scoprirà sùbito, penso, presa da un improvviso pànico infantile. Fifona un corno: avrei voluto vedere voi in quel momento. Giusto un attimo, perché sùbito ho pensato che non poteva essere entrato qualcuno nella mia stanza senza che i miei se ne accorgessero, la conoscete la casa, con le stanze che s'incastrano come scatole cinesi. E tanto meno poteva essere entrato qualcuno da fuori, blindato com'è tutto, con i pastori tedeschi liberi in giardino e l'allarme a infrarossi. Ma allora sì che ho avuto ancora più paura, una fifa blu alla Nightmare. Se non è di carne e ossa, ho pensato, è un fantasma. Ci credereste? Mi sono coperta anche la testa per non vedere il ghigno ripugnante di Freddy Kruger, che doveva avere ormai raggiunto il letto. Ma non faccio in tempo a coprirmi gli orecchi con le mani che risento per la terza volta quella voce bestiale, ancora più vicina, tanto vicina da sentire l'anfanare da bestia che fa da sottofondo all'ordine perentorio: Fammi la mucchina. Altro che esseri soprannaturali, mi dico, questo è un rito satanico bell'e buono, con tanto d'incappucciati che mi vogliono fare la festa. Il tono della voce e il contenuto della frase non lasciano dubbi di sorta sull'intenzione finale: m'immagino due occhi vogliosi nel buio, come quel vecchio al cinema che mi palpava le cosce, ricordate? e quel rammollito di Alberto che ripeteva: ma cosa vuoi che faccia? potrebbe essere tuo nonno. Mio nonno quelle porcherie non l'ha mai fatte, né a me né alle mie compagne, giocavamo pomeriggi interi io e lui, cavallina arrò arrò/con la biada che ti dò. Fai qualcosa gli dico a quell'inetto di Alberto, e lui invece di prendere quel verme per il bavero e sbatterlo fuori a calci, non trova niente di meglio che paragonare quella larva al mio nonnino, ecco perché non sono più uscita con lui, ora lo sapete. E' stata tanta l'impressione che mi ha fatto allora, che mi sono sentita addosso le mani di quel vecchiaccio, mentre la voce ripeteva: Fammi la mucchina, con un tono terribile, da uomo stravolto dalla libidine più nera: Fammi la mucchina, ripeteva ancora e ancora, con una urgenza da brivido, tanto che mi sembrava di averlo addosso con tutto il suo peso viscido, puzzolente, e le sue manacce appiccicose come le schifezze dei bambini. Faccio per chiamare mami, sì: prendetemi pure in giro: se mi càpita di non dormire o se mi sveglio all'improvviso di notte, io la mamma la chiamo ancora, a sedici anni suonati, sì, e non mi vergogno neanche di infilarmi nel lettone in mezzo a loro. Sfottete, sfottete: io almeno le cose le dico davanti a tutti, e invece c'è chi fa la vissuta a parole e poi senza la mammina è perduta. Ridi ridi, potresti essere proprio tu quella. Insomma: faccio per gridare con quanto fiato ho in gola, forte al punto da disorientare l'invisibile avversario quel tanto che basta per consentire ai miei di precipitarsi nella mia stanza, quando mi assale un altro squisito pensiero: e se è un maniaco che è entrato non si sa come in casa, dopo aver pistolettato Trudy e Rudy e aver disattivato tutti i sistemi di allarme, che ne so io come, magari ha già strangolato i miei. Se mi metto a gridare è capace di far fuori anche me. In questi casi bisogna stare al gioco, tipo: andare a letto con il nemico, subire senza ribellarsi, anzi: fare finta anche di prenderci gusto, perché se si accorge che gli fai schifo, non solo ti ammazza, ma ti fa morire fra mille tormenti, e io non reggo al dolore fisico, lo sapete. Non sopporto neanche la pulizia dei denti senza anestesia. Allora sì che mi si gela il sangue nelle vene, che mi sento davvero perduta, peggio di quando mi portarono in sala operatoria, va bene che mi dovevano togliere solo le tonsille e da adormentata, ma non si sa mai, sei sempre nelle loro mani, se almeno ci fosse stata mami, ed è proprio in quell'attimo che ho sentito la sua voce, la voce di mami che diceva: e se non dorme? La sua cara voce, così rassicurante con quel tono calmo, caldo, l'avessi io una voce così, di petto, e invece ce l'ho tutta di testa. L'ascolto sempre volentieri la sua voce tenera, ma stavolta più che un sollievo è stata una liberazione, la fine di un incubo, la voce melodiosa, inconfondibile della mia mami, solo più bassa del solito. Ma il sollievo mi si è tramutato sùbito in stupore. Chi era il soggetto della sua domanda? E a chi si rivolgeva? Tutto lasciava supporre che si trattasse del possessore della prima voce. E dal tono era ormai chiaro che nessun assassino o maniaco sessuale si aggirava in casa. O meglio: non c'era nessun estraneo. Cominciavo a capire chi fosse il proprietario della prima voce. Non poteva essere che una persona, anche se mi appariva in una veste così inedita. Ma non lo penso sùbito, lo temo sùbito, prima ancora di avere la conferma dalla stessa prima voce che dice: Ma non hai sentito il colpo? E' proprio la sua voce, ora la riconosco, prima non potevo, come avrei potuto, con quel tono camuffato di satiro, di caprone in calore, di bestia infoiata che ora diventa perfino servizievole: Vuoi che vada a vedere? Dice. E risulta fin troppo chiaro che il soggetto della domanda materna non potevo essere che io. Ecco la prima rivelazione della notte, il colpo dritto in mezzo al cuore.
Aspettate. So cosa state per dirmi. Che non siamo della generazione delle nonne, e neanche delle mamme, che lo sappiamo fin troppo bene che i bambini non nascono sotto il cavolo, del resto lo sapevano bene anche loro, solo che facevano finta di non saperlo, perfino con loro stesse, e mai, penso, nemmeno una volta si sono permesse di dare una sbirciatina alla sacra alcova avita, o meno che mai di immaginarsi cosa poteva accadere in quel letto, quando la porta di solito aperta si socchiudeva o si chiudeva con una circospezione a dir poco sospetta. Noi ce lo immaginiamo, certo, eccome se ce lo immaginiamo, e qualcuna ha anche visto o sentito o ricostruito o magari inventato il tutto, e lo dice anche. Ma un conto è immaginarsi che accada o che comunque possa accadere, un conto è avere la certezza che accada. Non fare quella faccia, Stefi, e anche tu, Nadia, per favore. Capisco che vi sembra una bestemmia. Magari lo facessero i miei, pensate, anche in pieno giorno sul divano del salotto, e davanti al fratellino che li guarda stralunato. Dite sempre che c'è un tale gelo in casa vostra che si taglia con il coltello. So bene tutto questo, e vi chiedo scusa. Ma cercate di capire cos'era per me fino a ieri sera quel letto. Un rifugio, sì: prendetemi pure in giro, sghignazzate più forte. Sono consapevole di quanto dico. Per me, lo ripeto, il letto dei miei era un rifugio, da tutto. Dagli incubi della notte, dal freddo, dai tuoni, dalla pioggia quando viene giù a vento e batte con violenza contro i vetri e i muri. Un rifugio dalla paura dei ladri, dai rumori sospetti, dalle voci improvvise, sì : è successo altre volte, solo che erano davvero voci esterne. Un rifugio dalla malinconia, dalla voglia di farla finita, di piangere senza un perché per tutta la notte, o sapendo bene perché e fingendo di un saperlo. Un rifugio dalla malattia, quando la febbre ti stampa sulla parete immagini d'altri mondi, quando hai bisogno di sentire il contatto di una mano e di una gamba, che vorresti appartenessero ad altri, ma va bene lo stesso, perché bene o male loro sono il tuo sostegno. Mi è crollato un pezzo di mondo stanotte, sul serio. Mi è crollato di brutto, come quel palazzo il giorno del terremoto. Stapunfete ha fatto, e ha sollevato un bel polverone. Non credete che lo dica per moralismo, o per invidia, o per gelosia, la solita storia della figlia innamorata del padre e via psicanalizzando. E' che d'un colpo mi sono crollate anche le poche certezze che avevo. Non so più chi sono. Loro, intendo. Anzi: mi appaiono in una luce diametralmente opposta. Lui, in apparenza così arrendevole, con mami intendo : mi sembra una buona idea, le dice ogni volta che lei propone qualcosa, che so, di spostare i mobili o di comprare pezzi d'arredamento, il posacenere di cristallo, il pouche pot di ceramica, no no, non solo piccole cose, anche decisioni importanti, i viaggi, ad esempio, anche quando non è del tutto d'accordo, o addirittura è contrario, finisce per fare come dice lei. Quasi sempre. Anche con me è accondiscendente, basta non toccare certi tasti, tipo la scuola, allora , lo sapete, diventa intransigente. Mi manderebbe anche con la febbre addosso. Ognuno ha un còmpito da fare, dice, con quel tono serioso che mi dà tanto sui nervi, e lo deve portare a termine, anche se non gli piace. E giù con la solfa del dovere quotidiano, che nessuno può, né deve procrastinare, dice così lui. Un'altra sua fissa è l'ora di cena. Se arrivo che loro sono già a tavola, ecco che attacca con la solita tiritera : tua madre non chiede mai la tua collaborazione, né ti fa mai aspettare : il minimo che tu possa fare è portarle rispetto per il suo lavoro. Cosa puoi rispondere a uno che ti parla in questo modo? Che ti fa sentire un verme, e non, badate bene, nei suoi confronti, ma nei confronti della mamma. E che ti dice le cose con calma glaciale, senza mai alzare la voce, ma ti fa ancora più male perché ha una voce tagliente e ti guarda con occhi duri, anche cattivi. L'austerità, la moralità , la probità in persona il signor Fammi la mucchina. Come potrò guardarlo negli occhi e restare zitta davanti alle sue critiche? Come potrò evitare di rispondergli: così non mi tratti, torello, non sono la tua mucchina, io. Che cavolo. E cosa dirò a lei, il mio specchio, il mio punto di riferimento? Da grande voglio fare la mucchina come te? E' questo l'aspetto peggiore di tutto il problema. Mi cade lui, pazienza. Si rompe l'immagine del padre, della guida perfetta, integerrima. Lì per lì grande sconcerto, ma poi te ne fai una ragione. Ne abbiamo visti crollare di miti. Vi dirò di più: chi se ne frega. Mica devo essere come lui, con il taglio corto, il doppiopetto blu e la regimental. Ma lei. È come lei che voglio, che volevo essere. È lei che volevo imitare. Come parla, come cammina, come si veste, che è sempre elegante, ma di un'eleganza sobria, che c'è e si nota, ma non contrasta mai con quanto la circonda, qualunque cosa si metta addosso, dovunque si trovi, con chiunque parli. Non dà mai la sensazione di volersi imporre. Sì : finisce sempre per fare ciò che vuole, ma senza farlo notare. Ogni volta dice : prima chiediamo il permesso a papi, anche se è una cosa da nulla, anche se è scontato che faremo quanto abbiamo già deciso. Pensavo che fosse per la sua innata signorilità, per il suo tatto squisito, per la sua comprensione senza limiti, per il rispetto che nutre per chiunque, per l'affetto innegabile che ha per suo marito. Non mi aspettavo una simile passività in lei. Fammi la mucchina. E gliel'ha fatta la mucchina, capite? Sì: è questa la seconda rivelazione della notte, la peggiore. Almeno con la voce gliel'ha fatta, e m'immagino anche con il resto. Diceva: muu, capite? Lei, intendo. Lo ha detto per un bel pezzo, sempre più mugolante, gorgogliante, ansante, muuu. Non ce l'ho fatta a guardarla in faccia stamattina a colazione. Cosa le dirò quando mi negherà qualcosa? Me la fai tu la giustificazione, mami? Se tuo padre ha detto di no, come faccio ? Allora fammi la mucchina, mamma, fammi vedere come si fa, dài, che poi la farò io al mio torello, altrimenti come posso perpetuare la nostra razza di chianine doc? Ho sperato, sapete, in quegli attimi di silenzio, dopo che lui è venuto in punta di piedi a controllare, era in mutande, tutto scarmigliato, non so se mi ha fatto più pena che schifo, senz'altro ho provato imbarazzo a vederlo così, come dire : sciatto, ho pregato dentro di me, non lo fare mami, digli di no, non ti fare così male, non te lo meriti, se la faccia fare da qualcun'altra la mucchina, ma da te no, mia madre non fa la mucchina a nessuno, non si fa mettere sotto da nessuno, nemmeno da un dirigente d'azienda che guadagna tanto da consentirci d'andare per negozi a inizio stagione, giuro che d'ora in poi aspetto i saldi, e se non ci sono i soldi nemmeno per un rossetto pazienza, ma la mucchina no, non la deve più fare la mucchina, non gliela deve dar vinta a quel montatore da strapazzo, a quel cow boy della notte, a quel bello di giorno che di notte si trasforma in lupo mannaro, in satiro insaziabile, fammi la mucchina, muuuu.
Ecco: ora lo sapete. Sapete proprio tutto. M'immagino i sorrisini di scherno che farete quando la vedrete, sempre impeccabile, profumata, anche al mattino, appena sveglia sembra uscita dal parrucchiere, la conoscete, bella a tal punto che, ricordate? al matrimonio della figlia della prof hanno ripreso più lei della sposa, e non era neppure fra le invitate più importanti. Di me ridete pure, anzi: continuate pure a ridere. Avete sempre riso di me. Se una non si prende almeno ogni tanto un ragazzo, anzi: se non ne cambia almeno uno al mese, se non s'inventa vacanze da sballo, se non si mette il barbour passabilmente sporco e jeans sdruciti al ginocchio, se non tappezza camera sua di foto poster cartoline locandine calendari del figo più figo, se non possiede un SH bianco e non conosce la Progressive, non è considerata. Continuate a non considerarmi. Questo brutto colpo, questo risveglio, come direste voi, non mi avvicina al vostro mondo da discoteca a tutti i costi che è di una noia mortale, di chi si fa senza chiedersi perché. Non sono giovane, dite voi, forse non lo sono mai stata. Ma non sono neanche vecchia, forse non lo sarò mai, né ipocrita. Dovrò costruirmi un altro rifugio, o accettare che il lettone possa essere anche un ricettacolo di acari, richiamati dalle scaglie di pelle, dai frammenti di unghia, dalle chiazze di sudore o di qualcos'altro. Accetto questa realtà, bella, di due genitori ancora innamorati, o almeno ancora reciprocamente attratti dopo diciannove anni di matrimonio da indulgere in fantasie erotiche, in cambi di posizione, in rapporti sado-maso che a molte di voi sembrerebbero da favola, oppure rimango rannicchiata nel mio letto vuoto e freddo, in preda ai fantasmi della paura e della solitudine. Potrei anche andarmene di casa, sì: sola nel vasto mondo. Vi fa ridere l'idea? La mammona che non esce neanche il sabato, che toglie le tende e se ne va, scalza e ignuda, a vendicare la mami, tutte le mami sottomesse del mondo, disarcionando e umiliando i cavalcatori prepotenti e arrapati. Non attendo risposte da voi, non potete darmele, ma dal mio cuore che trema.

:back_  :top_
ultimo aggiornamento: lunedì 10 dicembre 2001 22.51.12
powered by: Web-o-Lab