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ESTRATTO


Giorgio Barberi Squarotti

intervista telefonica a cura di Ivano Malcotti

Bollettario n°42


Franco Fortini diceva (come Lei ama ricordare) che la Letteratura serve a vedere, capire noi stessi e il mondo.
La Letteratura non è centrale, ma fondamentale nel senso che serve a far conoscere il mondo, a far conoscere se stessi, sia nel bene che nel male.


Professor Bárberi Squarotti che mondo vede Lei in questo momento?
Io sono un pessimista radicale, lo sono sempre stato. La storia è violenza, è crudeltà, ferocia. Quello che accade ora accadeva ugualmente tremila anni fa: adesso di peggio c’è che ci sono maggiori strumenti di oppressione, violenza e distruzione.


Fra i suoi autori prediletti ci sono Eliot e Pound, qual è l’attualità di questi due grandissimi del ‘900? Penso che Pound sia stato uno dei fondamentali reinventori della parola proprio nella poesia, senza di lui la nostra poesia, la poesia di tutto il mondo non sarebbe stata capace di rinnovarsi dopo il romanticismo. È stato un grande ricreatore della parola e del ritmo poetico.
Eliot è, secondo me, un grande, sommo poeta religioso colui che mi pare più a fondo sia riuscito a dare significato e verità nell’ambito della poesia.


In molte interviste o interventi Lei ha detto che Pascoli ha mutato radicalmente la concezione della poesia ottocentesca, e nel ‘900 chi è il grande innovatore della poesia?
Un poeta che ha ripreso, rinnovato, ripresentato tutta una serie di situazioni, di momenti, di immagini, di visioni che appartengono alla tradizione classica , Dante e un mondo medioevale soprattutto, è stato Montale.


Sempre per restare nel ‘900, perché secondo Lei si è dissolta con rapidità la poesia della Neoavanguardia?
Io credo che non sia del tutto scomparsa, mi sembra che qualcosa si sia conservato. Purtroppo a mio avviso molti poeti della neoavanguardia erano soltanto dei commentatori, dei critici camuffati in poeti, quelli che sono rimasti secondo me sono Sanguineti, che già aveva una sua tradizionale originalità, una sua tradizione poetica e critica che va da Dante, dalla critica su Dante, fino ai contemporanei e l’altro è stato Gozzi.


Passando al Bárberi Squarotti poeta, l’ultima fatica è “Le langhe e i sogni” Edizioni Joker 2003. sessantacinque liriche che parlano della realtà e del superamento della stessa. Lo ritiene più un libro di meditazione o di ricerca di un ideale salvifico?


Credo che la poesia sia la contrapposizione al male del mondo. Se il mondo è così crudele, feroce, oppressivo rimane ancora di più la possibilità di inventare la bellezza, il paesaggio, le persone, le donne, che se non altro offrono un’alternativa a quello che è il male del mondo. Insieme che serve anche a salvarci dalla banalità, dalla stupidità della televisione, di tanta parte della politica in cui ci troviamo, non soltanto in Italia, ma anche nel resto del mondo. La scarsa serietà della vita politica è possibile vincerla anche con la poesia, con le invenzioni, immagini, lingua e creazioni liriche della poesia e al tempo stesso questa poesia ci serve anche per vivere.


Cosa Le ha regalato la poesia nella sua vita?
Molto piacere, io mi diverto molto sia a scrivere saggi che a scrivere poesie, è proprio un mio divertimento il modo migliore di trascorrere il tempo, capire con maggiore profondità le cose come sono. Cosa mi abbia dato? Penso un futuro in sostanza, la poesia è fragile come si sa, scompare abbastanza in fretta, soprattutto nel periodo attuale, però, io spero sempre che qualcosa invece resti, o che qualcun altro possa anche leggere le cose che ho scritto e quindi magari provare da questo un piacere, un’ammaestraemento anche e magari una possibilità di andare avanti, di scrivere altre cose ancora.


La sua poesia è sempre in splendido equilibrio tra classicità e modernità, come si può chiamare questa “terza via” poetica?
Non farei distinzioni. Penso di più che è un piacere della scrittura e un piacere del raccontare sia in poesia sia nella critica che poi ci sia nella mia poesia, come anche nella critica, tante citazioni di autori del passato questo risponde ad una necessità di ironia, sappiamo che di poesia se n’è scritta tantissima, una quantità infinita nel corso dei secoli, siamo consapevoli. Chi scrive oggi è consapevole di questo e allora deve prendere anche un po’ le distanze, io non sono il primo, non sono originale, sono colui che cerca di reinventare, ricreare qualcosa già fatto in passato in modo da cambiare un poco quello che è già stato detto prima, ma senza la pretesa di ricreare, di essere originale come, purtroppo, tantissimi autori pretendono.


Se mi permette vorrei citare un suo verso: “dov’è la pace/nella storia atroce” (tratto da “Guerra e Pace”), dov’è e quando arriverà la pace Professore secondo Lei?
Secondo me la pace arriverà nelle zone più colpite dalla sofferenza e dopo lunghe lotte di passione; fatica , sangue. La vedo come la resurrezione di ciascun uomo nell’immagine della resurrezione di Cristo.

Lei ha partecipato alla Resistenza nelle Langhe
Avevo solo 16 anni, mi ricordo mi capitava di trasportare dei proiettili da un punto all’altro e io potevo farlo, insieme ad altri ragazzi della mia età, perché non eravamo sospettati di essere partecipi di quella resistenza, i fascisti non pensavano a noi (notizie, invii di messaggi tutto quello che si riusciva a fare), però, come dicevo avevo solo 16 anni e non potevo fare di più.


Ritiene che attualmente ci sia un tentativo politico per riscrivere la storia Partigiana, faccio riferimento al libro di Pansa per esempio tanto criticato da Bocca, c’è secondo Lei un tentativo proprio politicamente di riscrivere la storia stessa?
Mi stupisce una cosa che adesso che Pansa ha scritto questo libro tutti si stupiscono, ma queste cose erano già state dette 20-30-35 anni fa, quindi non è una cosa così straordinaria, eccezionale effettivamente la Resistenza è stata anche quello che dice Pansa, certo c’è stata anche nella resistenza qualche episodio di vendetta, naturalmente da criticare e non insabbiare.


Ritornando alla sua poesia, Silvio Ramat nella prefazione “Alle maschere invarianti” ha scritto che Lei è sobrio nel sognare è dello stesso avviso Professore?
Si questo è vero, mi piace questa affermazione.


Cosa ne pensa della poesia di protesta ?
La ritengo poco importante, rarissimamente ci sono dei poeti di protesta che abbiano un qualche valore. La poesia di protesta non vale niente in genere.


Anche Leo Ferrè non vale niente come poeta di protesta?
Era un cantautore a me piaceva molto, mi è sempre piaciuto moltissimo, ma non lo metterei fra i poeti.. I cantautori sono una cosa, i poeta altra cosa, cerchiamo di non confondere i due ambiti.


È sempre pessima la poesia o la letteratura a scopo politico?
Di poeti politici che abbiano un qualche valore ce ne sono veramente pochi, ne esiste qualcuno nell’antichità anche greca- latina non si può negare che non ce ne siano, certamente ci sono delle parti della divina commedia molto belle si può citare anche il Petrarca giusto per mostrare uno dei casi maggiori di poesia politica, ma francamente mi sembra che sia diventato sempre più raro perché la politica si è ridotta come diceva il Manzoni ad essere o fatta dagli oppressori o non fatta perché è impossibile farla, dagli oppressi e i poeti politici sono spesso degli oppressori.


E un Pier Paolo Pasolini?
Migliore come poeta che come narratore su questo non avrei dubbi, ma anche li mi piacciono molto le poesie friulane, mi piacciono molto le poesie delle prime 4-5 raccolte poi dopo diventa una chiacchierata che non finisce più spesso noiosa e fastidiosa, la poesia sua forse finisce con “Le ceneri di Gramsci” Che è ancora una grande poesia


Le ceneri sono però poesia politica ..
Però grande notevolmente, non necessariamente politica, l’argomento politico è un punto di partenza per un discorso invece sulla vita e sulla morte in sostanza, mi pare importante sottolineare questo.


Lei ha detto che la letteratura è un’attività difficilissima e rara e non tutti possono riuscirci, la pensa sempre così?
Sempre così certamente, come non tutti possono essere chimici, non tutti possono essere medici, non tutti possono essere letterati. Secondo me è più difficile ancora scrivere, fare il letterato che non esercitare qualche altra attività più pratica, più concreta. Questo non vuol dire che non sia bene scrivere poesie, saggi, romanzi ecc. anzi è un segno d’invenzione sempre molto positivo, un segno di alternativa rispetto al guadagno, al denaro, all’oppressione, alla politica.



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ultimo aggiornamento: martedì 7 settembre 2004 12.29.25
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