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versione telematica di ''Bollettario'' quadrimestrale di scrittura e critica. Edoardo Sanguineti - Nadia Cavalera
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ESTRATTO

L'iper-irr-reale gioco degli specchi

Giò Ferri

Bollettario n°40



Alfonso Lentini
Piccolo inventario degli specchi
(Prefazione di Antonio Castronuovo)
Collana Fiabesca, Ed. Stampa Alternativa, Viterbo 2003
Pagg. 138, Euro 9.00


Alfonso Lentini è un artista, o poeta... non so....ma non importa: è di fatto un giocherellone... E ancora, rivelandosi il segno poetico sempre per ossimori, è un serissimo e sapiente giocherellone. E il suo approccio alla realtà poetica (si dice sovente di poesia vs./ realtà, ma in realtà l'unica realtà è la poesia, e la poesia non può essere che reale, anche, anzi, proprio, nel segno del sogno) è perciò sempre felice, leggero, volatile e, pregio maggiore, delicatamente ambiguo. Tempo fa ha giocato con installazioni di iterative e modulari pitture o sculture acquee dai titoli Insulae, Isole d'angelo, Viaggi per acqua, Laghi di parole... Le ha fatte navigare e sostare, sempre poliedricamente composte nella libera costrizione dei diversi ambienti, per l'Italia intera, per l'Europa intera, addirittura fino in Olanda, in Finlandia... Ora chissà dove sono: sicuramente sono sempre lontano, sempre nell'isola che non c'è, sempre oltre, al di là. Al di là dello specchio, nel mondo, favolistico sì, ma anche matematico, di Carroll e della sua Alice. Perché Lentini è scientifico oltre che poetico nella sua manìa del gioco.
Ora con questo libro, che non è un libro, ma uno scientifico paradossale inventario, ha giocato al gioco degli specchi. Paradossale anche questo gioco - come si sa - poiché non c'è nulla di più iper-irr-reale dell'immagine riflessa dallo specchio: che è vera, verissima, quanto è vero il suo inverso. Davanti allo specchio siamo, appunto, sempre aldilà e la nostra presenza intangibile sfugge alle leggi dell'aldiquà, o viceversa. Cosicchè davanti allo specchio, immaginiamoci se è lo specchio dell'anima, non sappiamo mai dove siamo e chi realmente siamo. Eppure proprio per questo possiamo scoprire tutto di noi davanti a uno specchio. Immaginiamoci poi se, come accade sfogliando queste pagine, gli specchi (inventariati) sono infiniti: tanto che ogni immagine si ripete, ripetutamente rivoltandosi, senza limiti. Troppo facile dire: uno nessuno centomila. Troppo facile ricordarsi di Magritte o di Duchamp... O del sogno, dei suoi incubi, delle sue invisibili luminosità.
Lentini ha scritto un libro di 138 pagine, ma, sull'argomento - che non è una argomentazione ma una sognante constatazione - avrebbe potuto scriverne uno di 138 mila pagine, e più. Mille e ancor più mille non vuol essere la parafrasi di una famosa catastrofica profezia, bensì l'ottimistica (e anche un poco ossesssiva) certezza che le immagini della immaginazione umana si moltiplicano in una metamorfosi cosmologica che - alla faccia dell'entropia - non può per sua speculare natura mai esaurirsi.
Ecco così il platonico specchio della pupilla, in cui chi sta di fronte "si riflette... così da essere l'immagine precisa di chi ci rimira". Noi, uno dentro l'altro, specchi e rispecchiati. Non parliamo del nostro primigenio rapporto con Dio che si fa specchio affinché noi ci vediamo in lui a sua immagine e somiglianza. Possiamo sperderci in Dio come Narciso si è perso nell'immagine di se stesso. L'abisso dello specchio: lago d'angeli e di parole per riprendere le proposte di Lentini che prima abbiamo ricordato.
Ma gli specchi non sono solo luoghi impossibili della vista, poiché ci sono gli specchi sonori: "sono quelli di una ninfa, la 'risonante' Eco". Gli specchi rivelano l'"inconsapevolezza", e raddoppiano l'essere che non è, o dimezzano l'essere che è. Così, a causa dello specchio, si ricrea il mito dell'Ermafrodita. Vale a dire il mito dell'Uno come il Sé e l'Altro, gli Altri, il Tutto, il Nulla.
E poi Lentini ci rammenta, ricostruisce, le città invisibili di Calvino, in cui gli abitanti credono a un Doppio, celeste o sotterraneo, del loro mondo. Così si apre l'indefinita, eppure matematicamente (non tangibilmente) dimostrabile, dismisura della quarta dimensione: luogo del non-dicibile tramite le grammatiche del nostro mondo. Va detto che se non ci guardiamo allo specchio nulla possiamo dire di noi. Solo un gioco di specchi può darci la capacità di visualizzarci...
Molte altre sono le prove della nostra esistenza (oltre l'universo personale in cui non ci possiamo vedere) che ci possono fornire solo gli specchi, e gli specchi di fronte ad altri specchi. Gli specchi degli Altri. Lentini. come dicevo, non ha limti, com'è logico, nel suo inventario: l'uomo dimezzato, "Ogni cosa è metà. Per riacquistare completezza ha bisogno di uno specchio". Il Barocco, moltiplicazione genetica dell'immagine, conformazione della deformazione secondo il punto di vista mai frontale (perciò mai misurabile con certezza): gli anamorfismi. Gli specchi telescopici che ci immettono nello spazio universale non direttamente recepibile. Gli specchi ustori, che catturano le fiamme del sole per incendiare la terra e gli animi... E così via.
Ma è ovvio che protagonista di questo racconto-inventario è infine la poesia (che vuol dire anche arte, musica, in ispecie architettura - mentale e abitabile), entro ed oltre ogni considerazione psicologica, psicanalitica, biologica, cosmologica. Ecco allora gli Arnolfini, il Parmigianino allo specchio convesso, la Venere di Velasquez, la vita come sogno di Calderon... Forse le speculazioni più specificamente pertinenti a questa finalità poetante che è l'aspirazione della vita stessa di Lentini, delle sue ricerche al di là di questo inventario, delle sue realizzazioni, come abbiamo visto, ricche di ambiguità polimorfiche, polisensiche, aperte alle più diverse letture (secondo la concezione di Valery della propria poesia), si ritrovano nei capitoletti sulla crosta delle parole. "Anche le parole rientrano dunque nella categoria degli specchi. Ognuna di esse è riflesso di qualcosa, rimanda ad altro, va oltre: è segno, significa. Ma anche solo guardando alla crosta delle parole, al loro essere composte di infinite combinazioni di lettere, puoi trovarvi impigliato qualche specchio aggiuntivo... Intanto però il corpo della parola, anche se specchio di qualcos'altro, comincia ad apparire bello in sé...". "Ora prendi una parola. Tienila fra le dita... Prova a giocherellare con le lettere...".
Avevo detto di un Lentini giocherellone: ora si diverte con le parole che si specchiano, e s'incanta ai nonsense, agli anagrammi, ai palindromi... alla specularità degli arrovellamenti (che son le storie antiche infine della retorica e della metrica).

Bene: se qualcuno ha ancora voglia di chiedersi: chi sono io, cos'è la poesia (poesia come assoluto dell'io e di ogni altro io), e magari, i più curiosi, cos'è la poesia visiva, se non si accontenta della saggia pessimistica conclusione (alle ultime lezioni della sua vita) di Luciano Anceschi (la poesia è indefinibile), ebbene si specchi in questo inventario di specchi e troverà molte risposte (fuor da quelle, ovviamente, del cosiddetto buon senso o senso comune).


Luglio 2003
Gio Ferri

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ultimo aggiornamento: domenica 13 luglio 2003 15.02.04
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