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versione telematica di ''Bollettario'' quadrimestrale di scrittura e critica. Edoardo Sanguineti - Nadia Cavalera
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ESTRATTO

"Ricordo di Costa"

Luciano Anceschi

Bollettario n°5/6


  Nei primi tempi della nostra conoscenza Corrado Costa volle accompagnarmi una volta per un breve giro per la campagna tra Reggio e Parma. In un viaggio memorabile tra continue sorprese, fermate in luoghi che egli vivacemente inventava, e con una scusa come vagamente ansiosa, in una sua particolare ilarità che la passeggiata non sarebbe terminata mai. Uomo generoso, ironico, di sottile intelligenza inventiva, egli sapeva trasformare ogni occasione anche minima in una viva improvvisazione, non senza meraviglia... e lo star con lui mi apparve come qualcosa di inatteso e, per certo aspetto, di indimenticabile. Poeta e promotore di poesia, conosceva segreti della vita e dell'arte; e, quanto all'arte, fu uno dei protagonisti con Spatola e la Vicinelli di quella "avanguardia emiliana", che, credo, dovrebbe essere meglio conosciuta. Non posso più fermarmi ora in un tentativo di discorso letterario, ma vorrei dire che il suo lavoro fu raro e prezioso, tra quelli che contano nei loro anni, mentre pare sia da sottolineare che esso si arricchiva in una particolarissima e magica levitura orale in cui anche il corpo si faceva poesia. Non va dimenticata la sua partecipazione a "Malebolge" e la sua collaborazione a "Tam Tam"; fu tra gli amici del "Verri"; e resta impressa in chi la conobbe la sua virtù di lettore della poesia nel senso di una oralità segretissima e rivelatrice nella consapevolezza di una irripetibile relazione fra le arti. Come fu "poeta" fu anche "pittore"; e l'ultimo ricordo che ho di lui é l'incontro in occasione di una mostra in cui esponeva opere di un suo gioco sottilissimo che solo gli consentiva di fare molte esperienze, ma che coinvolgeva chi guardava in una invenzione continua molto esperta di celata ed ilare ironia nella quale era interessata la grandezza di Morandi. Devo dire che lo ammirai molto. Con la sua perdita, non solo si é impoverito il piccolo (ma importante) mondo della cultura emiliana e non solo emiliana) del nuovo; ma si é avuta anche la perdita di un modello umano ironico e leggero, ilare e profondo: l'immagine di che cosa possa essere un uomo che guarda a se stesso senza violenza e presunzione in un gioco mai concluso di specchi, ricco di un suo divertissement che copre, senza cancellarla la realtà di una segretezza non altrettanto divertita, un tipo quale la vita può dare nei suoi momenti consapevoli. Veramente la nostra passeggiata non é mai terminata.

  Vetta d'Enza, agosto, 1991.
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ultimo aggiornamento: sabato 10 febbraio 2001 18.04.57
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