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versione telematica di ''Bollettario'' quadrimestrale di scrittura e critica. Edoardo Sanguineti - Nadia Cavalera
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LA CRITICA DEI GIOVANI

Non vedere, ma accettare i sogni

di Yuri Gori

su Luigi Malerba, La composizione del sogno, Torino, Einaudi, 2002, pp. 111


Un libro sui sogni strutturato come un sogno. Un libro il cui genere è indefinibile e ambiguo come le rappresentazioni oniriche che descrive imitandole.
Malerba non pretende di offrire al lettore uno studio scientifico sulla genesi dei sogni, ma solo presentarli nella loro fattualità, non secondaria, nella vita umana. Essi sono il ponte tra la vita e la morte, e per questo gli unici mezzi in grado di aiutarci nella comprensione di entrambe. Vita e morte non sono entità contrastanti razionalmente, bensì fuse in un'alterità caotica dove non sono altro che diverse manifestazioni dell'esistenza.
Il sogno è coincidentia oppositorum, regno dell'atemporalità, dell'anacronismo, dell'illogicità, dell'arbitrarietà e dell'insensatezza. Nel corso della storia è stato oggetto di forsennate interpretazioni, che hanno cercato di imbrigliarlo entro le categorie della vita diurna, anche se in realtà esso sfugge alla comprensione perché sfugge alla volontà.
Le rivoluzioni epistemologiche del Novecento hanno causato un nuovo interesse verso il sogno, per capire gli aspetti apparentemente incongrui della personalità. Fu così che Freud cominciò il suo studio dell'inconscio e dei suoi affioramenti al livello cosciente. Il sogno però, per Malerba, è da considerare come un aspetto della normale consuetudine vitale. Le contraddizioni di cui è portatore sono parte delle dinamiche esistenziali. L'individuo è diviso nella sua eterogeneità, e il sogno è specchio fedele di questa condizione, apparendo come distorsione solo in base alla nostra continua tensione-fuga verso le sicurezze del ponderabile, verso forme cristallizzate dell'esperienza a discapito del fascino indiscreto del mare ignotum di Psiche.
Malerba toglie ogni certezza freudiana riguardo il significato dei sogni, optando per la considerazione unica del contenuto manifesto, per analizzarlo nelle sue dinamiche proprie, come fosse un'espressione artistica. Il sogno non è necessariamente prodotto da desideri rimossi, e in base alla sua indefinitezza formale non possiamo formulare una indefinita interpretazione. E' la fantasia, che per Malerba, crea indifferentemente il sogno e l'opera d'arte.
Creazione artistica e sogno muovono ex nihilo dall'oscurità che, come una siepe leopardiana, impedisce la cognizione della realtà, stimolando la divagazione della fantasia, sino allo smarrimento dell'Io nel tutto indistinto spazialmente e temporalmente. Tutt'e due sono necessari per l'uomo in quanto possibilità di catarsi o di mimesi del buio conoscitivo e razionale.
L'autore considera l'attività onirica una forma d'arte autonoma simile al teatro ed al cinema, ma con più mezzi espressivi. Se di fronte ad uno spettacolo teatrale possiamo identificarci con uno dei personaggi, in un sogno possiamo essere quel personaggio, senza che questo crei scompensi alla nostra personalità anzi, il concetto di persona assume in questo caso il suo originario significato di maschera, tale da potersi cambiare e scambiare, prefigurando un'idea dell'Io ancora più sostanziale e profonda, forse non individuale ma assoluta. Sognare può significare ipotizzare, rendere immanenti eventi potenziali, e per questo è un esercizio della libertà di un individuo. Il sognatore, come lo scrittore, crea un mondo altro, fittizio ma allo stesso tempo vivo nella sua mente.
Chi sogna giunge nel regno della mitologia, delle favole, del tempo prima della nascita, dove vige una logica prerazionale e caotica. Un luogo che, sulla scorta di Matte-Blanco, chiamiamo regno della logica simmetrica, in cui non vigono leggi della logica aristotelica, come quella di non contraddizione o del terzo escluso, in cui non c'è distinzione tra su e giù, destra e sinistra, dove la congiunzione "e" non si distingue dalla copula "è", cosicché una frase come ad es. "Marco e Giovanni" ha lo stesso significato di una come "Marco è Giovanni", dove, infine, non si può né affermare né negare.
Ogni scena di un sogno, inoltre, è semplicemente mescolata assieme alle altre in base al criterio dell'inconscio. Al risveglio il fascino di questa dinamica narrativa consiste nel suo essere un "genotesto" (cfr. p. 26), formatosi nella stessa fucina dei miti ancestrali, delle cosmogonie e dei riti primitivi, non collocabili temporalmente se non dove passato e futuro coincidono in un lontano sempre, in una realtà ipotetica.
Tale attività notturna del cervello, secondo alcuni, è una necessità biologica sviluppata dalla memoria archetipica, assimilabile all'inconscio collettivo descritto da Jung. Le immagini oniriche derivano dalla stessa eccessiva oscurità dell'abisso che, parafrasando Nietzsche, ci impressiona momentaneamente la retina proprio come un sole accecante (cfr. F. Nietzsche, La nascita della tragedia, Milano,1996).
Dobbiamo però evitare ogni pretesa interpretativa e di esigere dai sogni messaggi di qualsiasi sorta, dobbiamo invece considerali solo sul piano della loro espressione.
Solo un sognatore può interpretare i suoi sogni, perché sono una caratteristica individuale come il carattere, i tratti somatici, il livello di cultura e il gusto. I sogni sono creazioni artistiche peculiari autoreferenziali, comunque ispirati all'immaginario collettivo. Gli aborigeni australiani, addirittura, fanno cominciare la loro storia e civiltà nell'età del sogno, precedente l'età dalla favola di Propp e quella del mito di Lévi-Strauss, lugubre e senza gioia come l'inconscio di cui è espressione. Altra caratteristica riferita da Malerba, infatti, è quella che nei sogni è assente ogni cognizione del comico e dell'ilarità, al contrario della paura e dell'angoscia in quanto mezzi cognitivi della condizione della morte. Raramente poi chi sogna evoca condizioni utopiche, ma spesso non fa altro che rivivere la sua condizione esistenziale.
Malerba rifiuta ogni spiegazione circa la genesi onirica e artistica in termini razionali, ribadendo il fatto che in entrambi i casi è la ragione stessa che, venendo meno, permette tali processi. L'inconscio è sinonimo di ribellione, di abbattimento delle regole, di sovvertimento dei valori: tutte cose che da sempre sono anche prerogativa dall'arte e della letteratura. Non a caso Francesco Orlando ha fondato la sua teoria freudiana della letteratura su tali premesse. Per lui infatti la letteratura è figura, in quanto formazione di compromesso, del ritorno del represso, cioè di sensazioni e sentimenti soggiogati da Ego e Super-Ego, e relegati negli abissi dell'Es (cfr. F. Orlando, Per una teoria freudiana della letteratura, Torino). Queste forze irrazionali, che non possono essere accettate a livello della civiltà, possono manifestarsi solo in spazi ben delimitati come nel campo artistico e in quello onirico e, venendo alla luce, portano con sé tutto un potenziale rivoluzionario e distruttivo per quanto riguarda l'ordine e la gerarchia sociale e psichica, così come avviene nell'ambito del carnevale.
La dinamica carnascialesca è incentrata sul ribaltamento dei ruoli sociali, sul cambio di identità, sul rovesciamento, sulla presa di potere della follia, sul fatto che la piramide della gerarchia sociale possa stare in equilibrio sulla punta (cfr. M. Bachtin, L'opera di Rabelais e la cultura popolare. Riso carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale, Torino,1995).
Tramite queste considerazioni dobbiamo imparare non solo a vedere i nostri sogni ma anche ad accettarli.
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ultimo aggiornamento: mercoledì 9 ottobre 2002 17.56.18
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